È di una quarantina di feriti il bilancio degli scontri tra la polizia e gli Indignados avvenuti ieri in Plaza Catalunya a Barcellona. All’origine dei disordini la decisione di sgomberare la piazza occupata dal 22 maggio maggio scorso per le pulizie in vista della finale di Champion’s League in programma oggi, tra il Barça e il Manchester United.
La questione
Gli eventi che trasformano ogni giorno la nostra vita e il nostro “destino” rappresentano il frutto di scelte individuali, collettive e più spesso trasversali fra un apollineo ed un dionisiaco in costante ricerca di un equilibrio necessitante.
L’evento in sé quindi non è una lotta fra le parti ma una seduzione dell’una nei confronti dell’altra, riscoprendo d’essere incantati nel gioco delle parti, come due amanti in cerca d’amore!
Oggi gli eventi sospingono noi tutti a cercare nuove armi di attrazione perché nei preamboli dell’oggi qualcosa è venuta meno, l’identità degli amanti, corrotta dai vari seduttori del caso.
È l’implicita anomalia della seduzione, o forse il piacere estremo dei seduttori, la questione irrisolta nelle pagine dei nostri giorni è l’incapacità del popolo di sentirsi amato/protetto ma solo sedotto, o peggio ancora tradito nel suo amore.
Troppo a lungo si è stati alla finestra ad osservare che gli eventi si succedessero senza sosta alcuna circoscrivendo ognuno di noi a semplice comparsa, e questo ha alimentato la forza dell’uno, i governanti, nei confronti degli altri, i cittadini.
E mentre tutto scivolava senza alcuna deviazione i buoni pensanti, si sono ritrovati immersi/sommersi nei balsami di idee in rivolta lasciate sul comodino come souvenir preziosi da ammirare!
Nel venire meno dei grandi uomini sono andati via via estinguendosi i grandi ideali umanitari, giungendo, senza grandi fatiche, all’odierna deriva.
Basta osservare quanto accade in Nord Africa, Spagna, Medioriente per confermare il fondamento di quest’analisi, o soffermarsi sulle immagini di quanto accaduto in Plaza Catalunya per inorridirsi ed indignarsi sull’operato delle forze dell’ordine. Manganelli contro braccia alzate, un lotta impari in ogni tempo e per ogni uomo!
È leggittimo, quindi, riconoscere in queste rivolte la richiesta dei manifestanti di essere riconosciuti come individui/persone e di avere riconosciuta una più generale dignità dell’uomo nel suo essere/sentirsi libero e difeso nei suoi diritti.
Dall’altra abbiamo, invece, i governanti che schierano militari e forze dell’ordine a tutela di uno stato di diritto che riconosce nei cittadini un valore di mercato o più in generale uno strumento da tenere sempre sotto controllo.
Il compito di chi ora scrive, non è, sia ben inteso, giudicare gli eventi secondo morali di piazza o secondo morali individuali ma, mettere in luce, attraverso la premessa posta all’inizio, le stoltezze, le bulimie e le reticenze nelle questioni fondamentali – bene comune, vita adeguata – che il dissenso collettivo pone dinanzi ai governi del mondo.
Vox populi vox dei? No! affatto, quel che si chiede, nelle manifestazioni, è un maggior rispetto per la vita, al di là di appartenenze e/o principi di vita, oltrepassando denari e/o valutazioni rapsodiche di discutibile valore.
Dignità alla vita, questo le piazze chiedono a gran voce.
Possiamo dargli torto?
No!
La riflessione che le piazze mettono in essere ha il solo intento di ritrovare all’interno del sistema mondo, un valore primo che unisca, o che potrebbe unire, ogni essere umano.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 sancì come primo articolo che:
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».
Guradando però quanto accaduto sucessivamente alla dichiarazione dei diritti ci si accorge che la messa in pratica del principio spesso è venuta meno e la vita dei cittadini, una questione di second’ordine.
Disconosciuto il valore della libertà umana vengono meno tutti gli altri principi; le rivolte, paradossalmente, diventano la conditio sine qua no della libertà in uno stato di diritto.
Con la dovuta precisazione che la ribellione non è un diritto ma ne è diventato il dovere per la leggittimazione stessa dell’individuo - esercitato per rappresentare nel diritto stesso la legittimità della buona esistenza, e la buona esistenza altro non è che una vita dignitosa e libera -, ci si chiede quale stato di diritto si debba riconoscere come vero, quello difeso dai manganelli o il fuoco dell’esercito o quello che i manifestanti vorrebbero mettere in azione con la violazione e la messa al bando dei privilegi e dei privelagiati che oggi governano?
Perché, se lo stato di diritto altro non è che l’Organismo politico che fonda la sua legittimità non sul potere arbitrario del sovrano, ma su una Costituzione, che tutela i diritti fondamentali del cittadino e stabilisce la distribuzione del potere fra i vari apparati di governo, è illeggittimo manifestare e ribellarsi ad un simile stato di diritto che non riconosce il valore/potere del cittadino come essere umano avente diritti e opportunità?
Se all’interno della più banale delle speculazioni filosofiche l’uomo viene meno e al pari viene innalzata la gogliardia del valore mercato è senza dubbio leggittimo indignarsi dinanzi a poliziotti che in tenuta antisommossa utilizzano manganelli per difendere un qualsivoglia stato di diritto.
Ed è su questa speculazione che dovremmo interrogarci, i manifestanti riportano l’uomo al centro del loro interesse altri nell’uomo vedono il solo punto di incontro fra una domanda ed un’offerta, la più bassa possibile!
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