di Carlo Alberto Zaina *
E' passata sotto uno strano, quanto inspiegabile, silenzio la promulgazione del d.l.vo n. 50 del 24 Marzo 2011, che modifica radicalmente il regime governato dall'art. 70 dpr 309/90 e promuove detta norma al rango di volano penale della politica antidroga.
Questa prescrizione, oggetto di profonda modifica, già per il tramite dell'intervento legislativo dell'art. 2, D.Lgs. 12 aprile 1996, n. 258 è stata, così, praticamente concepita ex novo, tanto radicale è stato l'intervento operato.
Già significativo appare, prima facie, il passaggio dalla locuzione “Sostanze suscettibili di impiego per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope” a quella “Precursori di droghe”, che connota la rubrica di apertura dell'articolo in questione.
Tale profonda trasformazione appare costituire una trasposizione ed un adattamento (seppure tardivo) del diritto interno, rispetto ai Regolamenti CE n. 273/2004, n. 11/2005, n. 1277/2005 e 297/2009, che costituiscono fonti normative di diritto internazionale comunitario; essi, infatti, vengono reiteratamente ed espressamente richiamati nel corpo del d.l.vo n.50/2011.
La novità, che il nuovo testo esprime, consiste nella presa atto della esistenza di una pluralità di indicatori di un salto di qualità dell'attività criminale connessa al traffico degli stupefacenti ed, altresì, nella necessità di prevedere strumenti legislativi realmente idonei a fronteggiare questa nuova e repentina situazione.
In primo luogo, è percepibile una palese evoluzione del fenomeno della fabbricazione e della messa in commercio di sostanze stupefacenti.
Sono queste, specifiche tipologie della più complessiva attività criminale, che si palesano con manifestazioni sempre più “evolute” e “sofisticate” sotto il profilo tecnico-chimico. E’ divenuto tanto costante, quanto necessario, il ricorso all'utilizzo di molecole od isomeri (suscettibili di alterazione e modificazione), i quali possono, alle volte, non essere stati inseriti nelle tabelle allegate al dpr 309/90.
Tali sostanze, ove non si presentino come evoluzioni di precursori o, a propria volta, precursori veri e propri di prodotti successivamente ottenuti, possono, quindi, sfuggire al generale regime di sanzionabilità stabilito dal dpr 309/90.
Va ricordato, infatti, che nel nostro ordinamento vige il principio della nozione legale di stupefacente.
Esso ha introdotto la regola in base alla quale vanno ricondotte al concetto di sostanza psicotropa e drogante solo quei prodotti che siano previsti espressamente nelle tabelle, le quali sono costantemente aggiornate dal Ministero della Salute di concerto con quello della Giustizia.
Questo orientamento legislativo appare, poi, rafforzato, da un indirizzo giurisprudenzialmente pacifico, in quanto ulteriore tranquillizzante conferma è stata rinvenuta nella recente sentenza della Sez. VI della S.C. di Cassazione 11.04.2011 n° 14431, la quale ha fornito un'interpretazione equilibrata ed autorevole dei limiti che connotano il concetto di stupefacente.
E' stato, infatti, sostenuto, in tale occasione, il dovere di non circoscrivere l'operatività della nozione riducendola ad asserzione meramente formale, ma, al contempo, la Corte ha vietato qualsiasi indebita deroga rispetto al dato normativo, sì da eludere o svuotare di significato il principio della nozione legale di stupefacente.
La novella del d.l.vo 50/2001, che incide approfonditamente sulla trama dell'art. 70 dpr 309/901, dunque, costituisce e crea – ad un primo sommario esame teorico - uno strumento che pare presentare una rilevante efficacia, quanto meno sul piano della repressione e prevenzione penale.
La norma, affrontando le nuove forme di diffusione delle droghe e dei precursori, ambisce a fornire adeguate risposte a quelle necessità di lotta alle nuove forme di diffusione degli stupefacenti che si sono palesate prepotentemente in questi ultimi tempi.
Tali valutazioni sostanzialmente favorevoli vanno, però, subordinate alla indefettibile condizione, che il tessuto normativo dell’art. 70 non subisca distorsioni interpretative di carattere strumentale, che mirino a rendere illecito ciò che illecito non può naturalisticamente essere.
Vanno, infatti, criticate talune conclusioni sostenute, anche in ambiti estremamente qualificati, rispetto al concetto di “prodotti naturali”, (intesi come precursori) e finalizzate a fare rientrare in tale categoria, ad esempio, i semi di cannabis, che costituiscono semenze del tutto neutre, perchè privi in sé (ed in origine) di principi attivi o suscettivi di poter evolvere in sostanze droganti.
Nonostante le osservazioni e le avvertenze che precedono, il testo di legge derivato dalla novella non pare, però, immune da critiche.
Il maxi articolo (esso si caratterizza, infatti, sul piano semantico negativamente per la presenza di ben 21 commi), come si vedrà in prosieguo, presenta, infatti, quell'atavico deficit di chiarezza, che affligge costantemente la legislazione italiana (qualunque sia la parte politica), posto che sia sul piano filologico, che su quello metodologico e formale la norma avrebbe potuto e dovuto essere meglio articolata e concepita, per essere meglio compresa.
Vengono, infatti, inglobate in modo disordinato (quasi ondivago), ancorchè nel medesimo contesto esplicativo, varie e distinte ipotesi sia di precetti, (cui i soggetti devono farsi carico), che di sanzioni, (susseguenti all'inosservanza dei precetti stessi).
Questa metodica non risulta nè lineare, né armonica e non semplifica affatto la possibilità di comprensione del proprio contenuto.
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1 La vecchia formulazione dell'art. 70 così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 12 aprile 1996, n. 258 recitava:
Articolo 70
Sostanze suscettibili di impiego per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
1. Sono sostanze suscettibili di impiego per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope quelle individuate e classificate come tali nelle categorie 1, 2, e 3 riportate nell'allegato I.
2. I soggetti definiti nell'allegato II, di seguito denominati gli "operatori", i quali intendono effettuare per taluna delle sostanze appartenenti alla categoria 1, dell'allegato I, una delle attività indicate nella citata definizione devono munirsi dell'autorizzazione ministeriale di cui al comma 1 dell'art. 17. Si applicano altresì le disposizioni di cui al comma 2 e ai commi 4, 5 e 6 dello stesso art. 17 nonché, in quanto compatibili, gli articoli 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì agli operatori che intendono effettuare attività di importazione, esportazione e transito ad eccezione degli spedizionieri doganali, dei depositari e dei vettori che agiscono unicamente in tale qualità.
3. Gli operatori che intervengono nella fabbricazione e nell'immissione in commercio di taluna delle sostanze appartenenti alla categoria 2 dell'allegato I, sono tenuti a comunicare al Ministero della sanità gli indirizzi dei locali in cui producono dette sostanze o da cui le inviano per la commercializzazione, e ad indicare tempestivamente eventuali variazioni. Allo stesso obbligo sono tenuti gli operatori di cui all'art. 2-bis, paragrafo 2, del regolamento CEE n. 3677/90 nei limiti ivi indicati.
4. L'esportazione delle sostanze appartenenti alle categorie 1, 2 e 3 dell'allegato I è subordinata al previo rilascio del permesso all'esportazione da parte del Ministero della sanità in conformità e nei limiti di quanto disposto dagli articoli 4, 5 e 5-bis del regolamento CEE del Consiglio del 13 dicembre 1990. Egualmente, l'importazione e il transito delle sostanze di cui alla categoria 1 dell'allegato I da parte di chi è munito dell'autorizzazione di cui al comma 2, sono subordinati alla concessione del permesso rilasciato dal Ministero della sanità. Si applicano altresì le disposizioni di cui al titolo V.
5. All'interno del territorio dell'Unione europea, le sostanze appartenenti alla categoria 1 dell'allegato I possono essere fornite unicamente alle persone autorizzate, ai sensi del comma 2 ovvero dalle competenti autorità di altro Stato membro.
6. Gli operatori sono tenuti a documentare le transazioni commerciali relative alle sostanze classificate nelle categorie 1 e 2 dell'allegato I, secondo le modalità indicate nell'allegato III.
7. Gli operatori hanno l'obbligo di comunicare alla Direzione centrale per i servizi antidroga, istituita nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, al più tardi al momento della loro effettuazione, le singole operazioni commerciali relative alle sostanze da essi trattate, secondo le modalità e entro i termini stabiliti con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'interno sentiti i Ministri delle finanze e dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Il medesimo obbligo si applica altresì agli operatori che svolgono attività di importazione, esportazione e transito.
8. Gli operatori sono altresì tenuti a collaborare in ogni altro modo con la Direzione centrale per i servizi antidroga, istituita nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, in particolare fornendo ogni informazione eventualmente richiesta, nonché segnalando immediatamente ogni fatto od elemento che, per caratteristiche, entità, natura o per qualsiasi altra circostanza conosciuta in ragione dell'attività esercitata, induce a ritenere che le sostanze trattate possono essere in qualsiasi modo impiegate per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Al medesimo obbligo sono sottoposti gli operatori che svolgono attività di importazione, esportazione e transito.
9. Per la vigilanza ed il controllo sulle attività di cui al comma 2 e sull'esattezza e completezza dei dati e delle informazioni forniti si applicano le disposizioni di cui all'art. 6, con esclusione del comma 3, e agli articoli 7 e 8. Ai fini della vigilanza relativa agli altri obblighi si applicano le disposizioni dell'art. 35, comma 3.
10. Chiunque non adempie agli obblighi di comunicazione di cui al comma 7 è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire cinque milioni. Il giudice, con la sentenza di condanna, può disporre la sospensione dell'autorizzazione a svolgere le attività di cui al comma 2 per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. Può essere applicata la misura cautelare interdittiva della sospensione dell'esercizio dell'attività di cui al comma 3 per un periodo non superiore ad un anno.
11. Ove il fatto non costituisce reato, in caso di violazione degli obblighi di informazione e di segnalazione di cui al comma 8, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire cinque milioni. Può essere adottato il provvedimento della sospensione dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. Le stesse sanzioni si applicano nei confronti delle violazioni di cui ai commi 3 e 6.
12. Chiunque produce, commercia, effettua operazioni di importazione, esportazione o transito relativamente a sostanze inserite nella categoria 1 dell'allegato I senza la prescritta autorizzazione, o le esporta in assenza del permesso di cui al comma 4, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da lire venti milioni a lire duecento milioni. Alla condanna consegue la revoca dell'autorizzazione, nonché il divieto del suo ulteriore rilascio per la durata di quattro anni. Con la sentenza di condanna il giudice può altresì disporre la sospensione dell'attività svolta dall'operatore, con riferimento alle sostanze di cui alle categorie 2 e 3 dell'allegato I, per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno.
13. Chiunque esporta senza il necessario permesso di cui al comma 4, sostanze classificate nelle categorie 2 e 3 dell'allegato I, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire cinque milioni. Con la sentenza di condanna il giudice può disporre la sospensione dell'attività svolta dall'operatore per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. Può essere applicata la misura cautelare interdittiva della sospensione dell'autorizzazione per un periodo non superiore ad un anno.
14. La violazione dell'obbligo di cui al comma 5 è punita con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire cinque milioni. Il giudice, con la sentenza di condanna, può disporre la sospensione dell'autorizzazione a svolgere le attività di cui al comma 2 per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno.
15. Gli allegati I, II e III potranno essere modificati con decreto del Ministero della sanità, in conformità a nuove disposizioni di modifica della disciplina comunitaria.
Fonte: http://www.aduc.it
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