Si contano ormai a centinaia le persone - fuggite le scorse settimane dalla Libia verso Tunisia ed Egitto - che sono rientrate nel paese con l’intenzione di imbarcarsi per l’Europa.
Campo di Shousha dell'UNCHR, al confine tra Tunisia e Libia. ©UNHCR/A.Branthwaite |
Tra loro vi sono anche rifugiati, come i membri delle comunità somala, etiopica ed eritrea che si trovano nei campi di Shousha, nei pressi del confine libico-tunisino.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) prosegue nei suoi colloqui con queste comunità, cercando di evidenziare loro i rischi che le traversate possono comportare, oltre a quelli che si corrono attraversando la frontiera libica. Lo scorso mese di marzo l’UNHCR aveva appreso dalla stessa comunità somala nel campo di Shousha che due cittadini somali erano stati uccisi in Libia dopo essere rientrati nel paese, attraversando il confine dalla Tunisia.
Finora sono circa 14.000 le persone arrivate via mare dalla Libia in Italia e a Malta. Di queste, 1.669 sono sbarcate tra venerdì e sabato. In base alle testimonianze di sopravvissuti e famigliari, sarebbero oltre 1.200 le persone disperse a partire dallo scorso 25 marzo.
L’UNHCR ha incontrato anche a Tripoli rifugiati che hanno in programma di intraprendere questo pericoloso viaggio. Sono pienamente consapevoli dell’alto tributo di vittime che viene spesso pagato, ma dicono anche di non avere niente da perdere. Preferirebbe morire cercando di raggiungere un posto sicuro - dice un uomo eritreo agli operatori dell’Agenzia - piuttosto che continuare a vivere in questa situazione di pericolo. Molti hanno vissuto in Libia per anni, hanno dovuto affrontare anche la detenzione e sono originari di paesi come Eritrea e Somalia dove non è possibile tornare in sicurezza.
Basandosi anche su colloqui con persone arrivate in Italia, l’UNHCR ritiene che saranno ancora migliaia le persone che cercheranno di attraversare il Mediterraneo. La maggioranza di loro naviga su imbarcazioni in pessime condizioni e sovraccariche di passeggeri. Spesso poi non c’è un equipaggio specializzato nel condurre i natanti. Questo non fa che moltiplicare i rischi. L’Alto Commissariato pertanto reitera il proprio appello a tutte le navi che solcano il Mediterraneo affinché considerino tutte le imbarcazioni che partono dalla Libia come bisognose di assistenza e che in qualsiasi momento del viaggio potrebbero facilmente trovarsi in difficoltà.
L’UNHCR auspica di poter al più presto ristabilire una presenza internazionale in Libia occidentale. Al momento lo staff locale dell’Agenzia e le agenzie partner sono impegnati in progetti volti all’assistenza dei rifugiati e richiedenti asilo. L’UNHCR ha in programma di estendere quest’assistenza per cercare di alleviare le difficoltà che molti rifugiati devono sopportare. Con la partenza degli stranieri e il collasso dell’economia libica - dicono molti di loro - anche la mera sopravvivenza è diventata una lotta.
Team di operatori dell’Alto Commissariato sono impegnati in Egitto e Tunisia nell’intervistare richiedenti asilo e rifugiati e valutare le loro domande. Quando possibile li segnalano per il reinsediamento in paesi terzi. Con grande tristezza l’UNHCR ha appreso che – a seguito di interviste avvenute lo scorso anno in Libia – persone che erano state avviate nella procedura di reinsediamento hanno recentemente perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa. Nell’ambito delle interviste viene assegnata priorità alle persone la cui procedura di reinsediamento è già avviata e ai casi vulnerabili.
Saranno 6.000 le persone che nei prossimi mesi - secondo le stime dell’Agenzia - avranno bisogno di essere reinsediate dalle frontiere di Egitto e Tunisia, oltre a circa 2.000 dal Cairo. Finora 11 paesi di reinsediamento hanno messo a disposizione 900 posti. Oltre a questi, gli Stati Uniti hanno offerto un numero di posti significativo ma non specificato.
Fonte: http://www.unhcr.it
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