Da EuroIntelligence, la ristrutturazione volontaria spiegata per quello che è: una cura che aggrava la malattia, una contraddizione in termini. Cosa non si fa per dare ossigeno alle banche...
di Alan Beattie
Alla ricerca dei modi per uscire dalla crisi europea del debito sovrano, soprattutto in Grecia, i responsabili politici dell'eurozona sembrano aver scoperto un apparente ossimoro, la ristrutturazione volontaria.
Chiedere agli obbligazionisti di modificare volontariamente i termini del loro debito può funzionare, ma nel caso della Grecia, è improbabile che possa rappresentare qualcosa di più di una soluzione provvisoria, nell'attesa di realizzare una ristrutturazione più profonda, con una sostanziale svalutazione del valore attuale netto. Esperienze contrastanti da paesi dell'America latina come Argentina e Uruguay nei primi anni 2000, suggeriscono che un accordo una tantum di tipo volontario può aiutare un paese che deve affrontare una crisi di liquidità, ma se deve seguire una ristrutturazione più profonda, allora può finire per fare più male che bene.
L'esperienza felice si è avuta in Uruguay, paese che ha subito un massiccio ritiro dei depositi argentini dal suo sistema bancario quando il governo argentino è arrivato al fallimento sovrano alla fine del 2001, e un aumento generalizzato dei premi al rischio sulle attività latino-americane. La ristrutturazione del debito sovrano dell'Uruguay del 2003, accompagnata da un programma di salvataggio del FMI, è stata più simile ad un “reprofiling”. Allungava tutte le scadenze del debito sovrano in valuta estera, pari a circa la metà del totale. L'offerta ha raggiunto un tasso di accettazione di più del 90 per cento, e insieme a difficili, ma non velleitarie politiche di rigore fiscale - un avanzo primario di bilancio di circa il 3 per cento – l' Uruguay è rientrato in una favorevole dinamica del debito evitando ulteriori default.
La storia che serve da ammonimento invece viene dall'Argentina, dove uno degli errori più grossolani in fase di preparazione al fallimento è stato il "megaswap" volontario dei bonds del giugno 2001. Lo swap riconvertiva circa 30 miliardi di dollari di debito sovrano, spalmando la grande curva dei pagamenti di interessi e capitale in scadenza negli anni successivi sino a oltre il 2005. Ma per essere volontario, dato lo stato dell'economia, i termini dovevano essere abbastanza generosi, con la conseguenza che il valore attuale netto dello stock di debito scambiato dell'Argentina è aumentato del 28 per cento. L'unico effetto prodotto - oltre a un guadagno di quasi 100 milioni di dollari in tasse per le banche di investimento che l'hanno organizzato - è stato quello di ampliare lo stock di debito da ristrutturare, quando è arrivato l'inevitabile.
In effetti, l'ossessione di promuovere il volontarismo a tutti i costi si è rivelata estremamente dannosa. Nel lancio di dadi finale del FMI nel mese di agosto 2001, appena 3 miliardi dell'ultimo pacchetto di prestiti da 8 miliardi di dollari sono stati destinati alla ristrutturazione su base volontaria. Come una così piccola somma di denaro avrebbe dovuto agevolare la revisione sostanziale di oltre 100 miliardi di dollari di debito non è mai stato messo in chiaro, ed anzi è stato un gesto così impotente che ha contribuito a convincere anche gli investitori più ottimisti che il gioco era ormai finito.
Le lezioni dovrebbero essere ovvie. Gli swaps volontari possono funzionare, ma solo in una crisi di liquidità. L'Uruguay, nonostante alcuni problemi di fondo nel suo settore bancario esposto alla crisi, aveva ragionevoli previsioni di crescita e di impegno politico per una riforma dell'economia. In una crisi di insolvenza come l'Argentina, sono suscettibili di peggiorare le cose.
Dato che la Grecia sembra insolvente anche secondo tutte le più ottimistiche ipotesi sulla crescita e il gettito fiscale, l'esperienza dell'America Latina degli anni 2000 depone contro una ristrutturazione volontaria e a favore di una più consistente riduzione del valore attuale netto. Purtroppo, la zona euro è riuscita mettersi in una difficile posizione, impegnandosi a non ristrutturare prima del 2013. Da un lato, questo significa che spingere per una ristrutturazione prima di questa data minerebbe ulteriormente la credibilità politica delle autorità europee. Ma significa anche che qualsiasi bond swap di tipo volontario prima del 2013 non farà che aumentare le aspettative di un default. Una ristrutturazione minimalista su base volontaria è più probabile che riesca a convincere gli investitori che la Grecia è l'Argentina del Mar Egeo, piuttosto che mettere in atto un circolo virtuoso di fiducia e di crescita in Uruguay-style.
Un bond swap volontario, a questo punto, è probabilmente un modo costoso e inefficiente di fare ciò che il FMI e i prestiti di salvataggio della zona euro già stanno facendo: evitare le scadenze isolando la Grecia dalle pressioni del mercato a breve termine. Sarebbe una soluzione di liquidità ad un problema di solvibilità.
La Grecia potrebbe utilizzare il suo potere contrattuale nei confronti degli investitori, che è maggiore di quello che aveva l'Argentina – il debito argentino era stato emesso sotto le leggi di New York, mentre più del 90 per cento del debito greco è regolato dal diritto locale, che se necessario potrebbe semplicemente essere riscritto - per costringerli ad accettare un'offerta stile Padrino, che non possono rifiutare.
Ma attaccare l'etichetta “volontario” su un affare che in effetti è coercitivo, significa mistificare con le parole la realtà.
Tratto da: http://vocidallestero.blogspot.com
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