lunedì 2 maggio 2011

AREZZO: UNA CITTÀ DOVE SI VIVE BENE, MA PER COSTRUIRE IL FUTURO BISOGNA TORNARE A CORRERE

Benessere e qualità della vita soddisfacenti, ma fragili e con molte incertezze sul futuro. Manifattura, imprenditorialità diffusa e relazioni più strette con l’area vasta della Bassa Toscana sono i pilastri per un nuovo sviluppo della città

Ritmi di vita non concitati e per niente stressanti (secondo l’opinione del 63,2% degli aretini), vissuti in una città dove è facile intrattenere relazioni con gli altri (70,8%) e dove più della metà della popolazione ritiene adeguata l’offerta per il tempo libero, per il divertimento e per sviluppare i propri interessi culturali.

È questa l’immagine della città di Arezzo che emerge dall’indagine su un campione di residenti aretini realizzata dal Censis su incarico della Confartigianato nell’ambito della ricerca «La città di Arezzo: dalla storia al futuro», presentata da Giuseppe De Rita lunedì 2 maggio alle ore 18.00 ad Arezzo presso la Sala Borsa Merci in Piazza Risorgimento.

Arezzo è percepita anche come una città sicura. Più del 60% degli intervistati dichiara di sentirsi sempre tranquillo quando circola a piedi per le vie della città, in qualsiasi ora della giornata, e un ulteriore 31,3% si sente al sicuro nelle ore diurne.

L’appagante benessere degli aretini convive però con un senso di fragilità rispetto alla posizione raggiunta e con l’incertezza per il futuro. Più del 45% dei cittadini ritiene che i propri figli siano destinati a vivere in una condizione peggiore rispetto alla propria, a fronte di un dato medio rilevato a livello nazionale pari al 34,4%.

Per lo sviluppo futuro della città, in termini di nuove imprese, nuova occupazione e nuova ricchezza, occorre investire di più nelle attività manifatturiere, secondo il parere di oltre il 35% dei cittadini intervistati, nella sanità per il 27,3%, nell’istruzione per il 27%, nell’agricoltura per il 26,2%, nei servizi alle imprese per il 25%.

Soprattutto occorre rendere Arezzo un luogo fertile per fare impresa, visto che il 73% dei cittadini ritiene che oggi nel territorio sia difficile realizzare le aspirazioni relativamente all’iniziativa imprenditoriale (il dato sale a quasi l’87% tra i più giovani) e più dell’84% pensa che sia difficile realizzare le proprie aspirazioni occupazionali. Ecco perché per rendere la città più competitiva le risorse a livello locale vanno orientate, secondo oltre il 44% degli intervistati, verso l’incentivazione alla creazione di impresa, dalla manifattura ai servizi, al sociale, al web.

È forte tra gli aretini la voglia di fare, di intraprendere, tanto che è possibile stimare in oltre 6mila i residenti che sarebbero pronti ad impegnarsi nei prossimi anni in almeno una delle tante attività imprenditoriali in proprio, dalla piccola impresa all’artigianato, all’attività professionale.

Il rischio per il futuro è che si arrivi a una solidarietà selettiva, visto che per il 53,2% degli aretini è facile realizzare le proprie aspirazioni alla partecipazione sociale e politica, ma la comunità non riesce ancora a valutare adeguatamente il contributo che viene dagli immigrati all’economia e alla società. L’immigrazione è considerata come un costo dal 61,3% degli aretini intervistati, percentuale che cresce tra gli anziani, tra le persone con una bassa scolarità e tra quelle con uno status socio-economico inferiore.

Per il futuro la città deve puntare sulla valorizzazione dei longevi, visto che oggi sono circa 23mila gli ultrasessantacinquenni residenti nel comune di Arezzo, che aumenteranno del 25% entro il 2030. E la città deve aprirsi ai territori vicini, a cominciare all’area vasta della Bassa Toscana, visto che quasi il 72% degli aretini intervistati ritiene che occorre scommettere sullo sviluppo integrato tra Siena, Grosseto e Arezzo, convinti che saranno le relazioni con gli altri territori a rendere la città più forte e a creare nuove opportunità di sviluppo.

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