A Napoli scatta il racket dei cartelloni elettorali: se un candidato non vuole che il suo volto, il simbolo del partito e il suo cognome vengano "oscurati", deve pagare.
I prezzi del racket dei manifesti sono top secret ma il fenomeno è noto agli inquirenti fin dalle scorse amministrative e coinvolgerebbe la bassa criminalità: somme contenute che moltiplicate per tutti i nomi in lista permettono di raggranellare una fortuna.
I cartelloni dei "morosi", invece, vengono strappati oppure semplicemente "soppiantati" da quelli dei candidati disposti a pagare più degli avversari e con continuità. Tra le ipotesi, anche una tariffa che varia a seconda delle aree in cui gli "attacchini" operano: in centro e sulle strade di grande scorrimento il business potrebbe essere più redditizio rispetto ad altre zone.
Il fenomeno nella città partenopea si ripete da decenni e sembra impossibile da risolvere. Già nel maggio del 1987, ad esempio, Repubblica dedicava un articolo alla questione scrivendo che "affiggere manifesti elettorali a Napoli costa assai più che a Milano o Venezia. Il doppio, se non addirittura il triplo. Bisogna rivolgersi a squadre di attacchini organizzati e subire le loro richieste se si vuole stare tranquilli. Chi non si assoggetta viene staccato o coperto nel giro di qualche minuto".
Dalla raccolta dei voti per le cariche cittadine più alte fino al business dei manifesti, la campagna elettorale a Napoli è come il maiale: non si butta via niente.
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