domenica 31 ottobre 2010

Anche l’Italia protagonista del lobbying elettorale per il voto negli Stati Uniti

Cinque aziende del nostro Paese hanno donato 400mila dollari a candidati (in prevalenza Repubblicani). Obiettivo: ricevere un trattamento di riguardo quando gli "sponsorizzati" siederanno al Congresso

Mancano solo due giorni alle elezioni di Midterm negli Stati Uniti. Ma a votare, per i seggi in ballo al congresso, c’è anche un pezzetto di Italia. Non si tratta dei nipoti degli emigranti sbarcati a Ellis Island, ma dei gruppi industriali del nostro Paese, che finanziano la campagna elettorale. Cinque in totale, guidate dal colosso della difesa Finmeccanica. Poi ci sono Fincantieri, Buzzi Unicem, Case New Holland e Lottomatica. Il loro scopo? Ottenere in futuro un finanziamento, una commessa, o fare pressione per una proposta di legge. Lobbying elettorale, insomma. Soldi per sostenere la campagna elettorale dei singoli candidati, che siederanno sulle poltrone della Camera e del Senato a stelle e strisce. Per loro le imprese dello stivale nel 2010 hanno sborsato circa 400.000 dollari. Non una grossa cifra , ma neanche un’inezia, considerati i tetti di donazione stabiliti dalla legge americana.

Come è possibile tutto questo? Sostanzialmente attraverso un escamotage, perfettamente legale. Le società in questione, infatti, attraverso le loro filiali americane, possono sostenere economicamente i candidati federali, con la costituzione di speciali comitati elettorali, i PACs (Political Action Committees). Per la legge americana i cittadini e le aziende straniere non possono infatti finanziare i candidati o i membri del congresso. Ma lo possono fare i dipendenti delle loro controllate americane, su base volontaria e con fondi personali: le donazioni, 2500 dollari di massimo a testa, vengono raccolte dal PAC, che poi decide come utilizzarle. Stornandole ai singoli candidati o alle associazioni create dai Democratici o dai Repubblicani per finanziare la campagna.

Succede quindi che DRS Technologies, importante contractor per i sistemi elettronici della difesa statunitense, acquisita da Finmeccanica nel 2008 per 5,2 miliardi di dollari, ha un suo PAC, al quale partecipano gli impiegati americani, quasi sempre quadri dell’azienda. Lo stesso vale per Buzzi Unicem, attraverso Buzzi Usa. E poi per Marinette Marine di Fincantieri, attiva nel settore navale militare, e Case New Holland, la divisione dei mezzi agricoli di Fiat. E ancora Lottomatica attraverso GtechCorp, attiva nel settore del gioco e dei casinò.

Tutte queste operazioni chiaramente sono registrate da una commissione, la FEC. E vengono raccolte e aggiornate in maniera sistematica dal Center for Responsive Politics, un centro studi indipendente specializzato in finanziamenti elettorali e lobbying.

La scelta su chi supportare naturalmente non avviene per simpatie politiche, democratiche o repubblicane, ma per affinità di interessi. «Faccio un esempio – spiega Riccardo Acquaviva, portavoce di Finmeccanica – Se General Motors finanzia un candidato, non finanzierà quello che vuole abolire le autostrade giusto? Ecco per noi è lo stesso». Tant’è che le donazioni effettuate dal PAC di DRS technologies nel 2010 sono state equamente distribuite: il 47% ai democratici, il 53 a repubblicani.

Proprio Drs, che a giugno si è aggiudicata ordini per 44 milioni di dollari con il governo statunitense, è in testa alla classifica dei finanziamenti italiani. Nel 2010 ha distribuito 326.800 dollari a candidati federali. «Non un cifra enorme, rispetto ad alcune grandi società americane, ma neanche ininfluente» spiega a ilfattoquotidiano.it un portavoce del Center for Responsive Politics.

La lista dei beneficiari di Drs è lunga. Fra loro c’è ad esempio Bill Young (10mila dollari nel 2010), potente deputato della Florida, da sempre attento agli interessi della difesa. Young, uno dei pezzi grossi del Defense Subcommittee on Appropriations della Camera, è in testa alla classifica degli Earmarkers del congresso (l’earmark è una richiesta di fondi federali da destinare a singoli progetti di sviluppo sul territorio, una pratica che secondo molti andrebbe maggiormente regolamentata).

Nell’anno fiscale 2010 4 milioni di dollari sono stati da lui caldeggiati per lo sviluppo di una tecnologia di difesa chiamata Reduced manning situational awareness, un progetto di DRS sviluppato a Largo, in Florida. Quasi due terzi dei componenti del Defense Subcommittee, uno dei nodi di controllo dove vengono decisi i finanziamenti a progetti della difesa, hanno ricevuto donazioni elettorali da Drs. Dieci su diciotto per la precisione.

Ma c’è anche G.K. Butterfield, democratico del North Carolina (11mila dollari ricevuti nel 2010), che ha chiesto 13 milioni di dollari per l’Elizabeth City-Pasquotank Aviation Research Development Commerce Park, un parco tecnologico e di sviluppo che mira a trasformare il nordest dello Stato in hub dell’aviazione e dell’aerospazio. Anche qui uno dei maggiori player è Drs.

Molto minori le donazioni dirette a candidati da parte delle altre aziende italiane. Cinquantamila i dollari distribuiti da Case New Holland di Fiat, decisamente la più repubblicana di tutte (la percentuale è 90 e 10). Producendo macchine agricole i suoi interessi sono difesi da politici maggiormente legati all’America rurale e conservatrice. Solo 7.500 dollari per Gtech di Lottomatica. In fondo alla lista Marinette di Fincantieri e e Buzzi Unicem con 3500 dollari.
di Federico Simonelli

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