sabato 30 ottobre 2010

BETIM, LA PIÙ GRANDE FABBRICA ITALIANA

La Fiat è un'impresa multinazionale. E dunque utilizzerebbe il ricatto della globalizzazione per imporre anche in Italia le condizioni di lavoro praticate in paesi dove la sindacalizzazione è bassa. Ma se si guarda all'esperienza della fabbrica brasiliana di Betim, si scopre che i diritti dei lavoratori non sono violati. E che, sotto la patina di un certo paternalismo e malgrado la fragilità del sindacato, tra operai e dirigenti esiste tuttora una sana dialettica. Una informazione più precisa eviterebbe il rischio di impoverire il dibattito sul futuro della Fiat.



Lo stabilimento Fiat
a Betim, Brasile. Da internet

Ogni volta che Sergio Marchionne parla di Fabbrica Italia, per qualche fuggevole momento ci si accorge che il maggiore stabilimento della principale azienda manifatturiera italiana è a 9.127 km da Torino. Poi il silenzio ricala su Betim ed è di nuovo possibile parlare in libertà, sostenendo alcuni che la globalizzazione ha sepolto la lotta di classe, altri che nei paesi emergenti il diritto del lavoro è all’abc e che la Fiat usa il ricatto per imporre in Italia condizioni analoghe.


COME NASCE FIASA


In un articolo più esteso (di prossima pubblicazione su Equilibri) ho raccolto informazioni su come vengono prodotte le vetture Fiat in Brasile. Quello che interessa non è tanto quanto vengono pagati i lavoratori rispetto all’Italia – ovviamente meno – ma come si determinano ed evolvono retribuzione e condizioni di lavoro.

Un breve cenno storico aiuta a mettere quest’esperienza in prospettiva. Dopo vari tentativi andati in fumo per motivi diversi, Fiat Automòveis (Fiasa) fu costituita nel 1973, una joint venture di cui la Fiat deteneva il 54,7 per cento e il governo di Minas Gerais il resto. A Betim la tradizione industriale era scarsa e quindi deboli coscienza operaia e presenza sindacale, a differenza di quanto accadeva nell’Abc paulista, con un sindacato guidato da un certo Luiz Inácio Lula da Silva. La fase di avvio fu particolarmente difficile, sia per il contesto economico brasiliano, sia per le gravi difficoltà in cui si dibatteva l’azienda torinese all’epoca. Piuttosto che abbandonare il paese, come venne deciso nel caso dell’Argentina, la Fiat scelse però di ricapitalizzare progressivamente la società, terminando con acquisire l’intero pacchetto azionario nel 1986.

Da vera e propria palla al piede, Fiasa è progressivamente diventata una mucca da mungere ed è letteralmente esplosa negli ultimi tempi, guadagnando la leadership nazionale proprio nel momento in cui il Brasile ha sorpassato la Germania per diventare il quarto paese produttore (in volume) al mondo. Nel 2008 il Brasile ha contribuito per il 32,6 per cento alla produzione mondiale di auto Fiat (pressoché un raddoppio rispetto al 2000) e per il 29,4 delle vendite. In termini di fatturato, Fiasa ha aumentato di cinque punti il suo contributo dal 2000 (17,3 per cento) al 2009 (22,2 per cento). Ancora più impressionante il contributo reddituale: nel periodo 2005-09 la Fiat ha registrato 10,6 miliardi di euro di profitti operativi cumulati, mentre Fiasa ne ha registrati 5,1. Certo non a caso Cledorvino Belini, già nel 2004 il primo brasiliano a essere nominato alla testa di Fiasa, è stato invitato nel 2009 a far parte del consiglio esecutivo del gruppo Fiat a livello mondiale.

SALARI BRASILIANI


In Brasile non esiste, con l’eccezione del settore bancario, il contratto nazionale di categoria. La convenzione dei metallurgici è negoziata a livello statale. La remunerazione comprende una componente fissa e una Participação nos Lucros e Resultados (Plr), definita a livello di ciascuna impresa. Fiasa, che ha introdotto la Plr nel 1995 (un anno dopo la Mercedes, nello stato di São Paulo), utilizza tre indicatori collettivi – il livello della produzione e due indici di qualità – e uno individuale, l’assenteismo. Fino al 2004 i valori corrisposti come Plr erano proporzionali al salario nominale; si applicavano limiti minimi e massimi, per fascia di punteggio, una formula interessante per i lavoratori che ricevevano salari inferiori dato che i limiti minimi li compensavano in parte. Nel 2005 si abolì il minimo e da allora il pagamento è lineare, ovvero tutti i lavoratori, a parità di risultato individuale, ricevono lo stesso valore. Sotto i 50 punti non c’è premio; da 50 a 60 il pagamento è di R$ 2.119, e poi aumenti dell’11,1 per cento per ciascuna tranche di 10 punti, fino a un massimo di R$ 3.230.

In Fiasa un operaio non-specializzato guadagna R$ 4,40 all’ora (€1,9). Al netto dei contributi previdenziali e dei costi di transporto e refezione, sono R$ 831 al mese (€353). Dopo quarantadue mesi di lavoro, il salario netto al mese aumenta a R$ 1.335 (€565). Poco o tanto? Non è facile rispondere, sono tante le variabili in gioco. Il salario minimo, per esempio, è attualmente di R$ 510. Rispetto ai metallurgici in altre città equivalenti nello stato di São Paulo, a Betim a dicembre 2008 il salario medio di un operaio era inferiore. Secondo i dati relativi agli accordi collettivi sulla partecipazione ai risultati relativi al periodo 2010-11, con il massimo punteggio un dipendente Fiasa riceve un emolumento inferiore a quello di un suo collega che lavora in Ford e Volkswagen. Per la campagna salariale 2010, Fiasa ha negoziato un adeguamento in linea con gli altri produttori e superiore a quello pattuito nel contratto dei metallurgici di Minas Gerais.

Se guardiamo l’evoluzione delle remunerazioni nell’ultimo decennio, sempre per un operaio non specializzato, la performance è positiva. In termini reali, a inizio 2009 il salario Fiasa era del 12,6 per cento superiore a quello del 2000. L’ammontare maggiore ricevuto corrisponde proprio al periodo più recente, grazie al soddisfacente aggiustamento del salario nominale, alla riduzione dell’inflazione rispetto al valore programmato e al mantenimento dela Plr a livelli elevati. In media la Plr è ammontata al 17,15 per cento del totale della remunerazione fissa annua. La Plr è aumentata del 19,06 per cento tra 1997 e 2009, periodo in cui la produzione è cresciuta del 49,63 per cento.
 
Livello e composizione della remunerazione di un operaio non specializzato, 2001-09

 
2000-01
2001-02
2002-03
2003-04
2004-05
2005-06
2006-07
2007-08
2008-09


Fisso+PLR+premio
19.109
18.843
17.513
18.369
19.462
20.434
21.147
21.115
22.351
Media 12 mesi
1.592
1.570
1.459
1.530
1.621
1.702
1.762
1.759
1.862

Variazione media 12 mesi

-1,39
-7,05
4,88
5,95
5,00
3,49
-0,15
5,85
Variazione PLR

1,76   
-13,71
-15,67
21,07
16,19
-5,10
10,35
-9,12
PLR+premio / fisso
17,66
18,32
16,79
13,07
15,22
17,12
19,88
17,39
18,91
Fonte: “Evolução da remuneração dos trabalhadores da FitT Automóveis com base na análise do “Operador de Processo Industrial””, Sindicato dos Metalúrgicos de Betim, Escritório Regional do DIEESE em Minas Gerais, Estudos e Pesquisas, Ano III – Nº 12 – Marzo 2009.


Il sindacato valuta positivamente l’esperienza della Pr. La formula lineare di determinazione del pagamento e la natura collettiva degli indicatori (tranne l’indice di assenteismo) hanno favorito la cooperazione tra i lavoratori nel perseguimento degli obiettivi; d’altro canto, in un paese in cui permangono ostacoli alla rappresentanza sindacale, la presenza obbligatoria delle organizzazioni dei lavoratori in seno alle commissioni miste imprese-dipendenti che negoziano la Plr offre visibilità ai sindacati stessi.


CONFLITTUALITÀ E SINDACATO

Ricerche mostrano come l’operaio fordista, impiegato in catena di montaggio, sottomesso a regole che non condivide e perciò naturalmente incline alla conflittualità classista, abbia lasciato spazio a una figura maggiormente qualificata e motivata, che all’interno dell’unità tecnologica elementare contribuisce alla risoluzione dei problemi con personale tecnico gerarchicamente meno distante che in passato. L’impresa stessa sta abbandonando alcune delle pratiche del passato e l'ultimo accordo di lavoro concede al sindacato condizioni più agevoli per informare due volte all’anno i lavoratori dei benefici dell’adesione.

Certo ci sono anche gli interrogativi. La Fiat è stata la prima delle imprese automobilistiche ad applicare le quaranta ore settimanali, mentre la durata legale è tuttora di quarantaquatro ore. Se venisse accettata la proposta di revisione costituzionale n. 231/95, si passerebbe a quaranta ore, senza riduzione di salario, e il premio corrispondente alle ore extra aumenterebbe dal 50 al 75 per cento del valore dell’ora standard. La proposta, presentata l’11 ottobre 1995, giace attualmente in commissione parlamentare.

Per quanto riguarda la sindacalizzazione, in Fiasa è oggi prossima al 2 per cento. A titolo comparativo, nella regione Abc, il Sindicato dos Metalúrgicos conta 98mila iscritti, più di 30mila nell’automobile dove i costruttori hanno un tasso di sindacalizzazione dell’88 per cento. Il sindacato si lamenta degli ostacoli frapposti all’attività sindacale. La risposta dell’impresa è che sono i lavoratori a scegliere in piena autonomia di non aderire. Non c’è dubbio che l’insieme di interventi sociali offerti da Fiasa siano un incentivo forte per costruire un rapporto di lunga durata con i lavoratori. In più il sistema di reclutamento del nuovo personale si basa esclusivamente sui suggerimenti da parte dei dipendenti, che quindi sono indotti a un certo conformismo.

In sintesi, due cose fondamentali appaiono evidenti: che a Betim i diritti dei lavoratori non sono assolutamente violati, e che a nessuno verrebbe in mente di istituire la pausa pipì con il gettone a tempo; ma anche che, sotto la patina di un certo paternalismo e malgrado la fragilità del sindacato, tra operai e dirigenti esiste tuttora una sana dialettica. Informarsi su quello che succede nel mondo prima di parlare eviterebbe il rischio di spargere banalità e impoverire il dibattito sul futuro della Fiat.

Fonte: http://www.lavoce.info/

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