venerdì 15 ottobre 2010

Afghanistan : morti nostri , soldi loro. L'opinione

di Rodolfo Roselli*


La morte di un essere umano, soldato o civile, volontario o comandato, è sempre un evento sul quale riflettere, per le conseguenze morali e materiali irreversibili che ha nelle famiglie. Per questi poveri giovani l'ultimo pensiero non è per il Capo dello Stato, ma per la propria madre, moglie, per i propri figli, e questo dice tutto sulla vergogna di qualsiasi guerra. Problemi da evitare, perché dovrebbero essere ben più importanti delle ideologie, delle convenienze e dell'immagine nazionale.

Se qualcuno sostiene di essere indignato (alle esclamazioni dei familiari, come quella rivolta al ministro La Russa, ndr), chi resta dovrebbe ribattere che è orfano o vedova, e tra le due situazioni non esistono paragoni di nessun genere. E questo evento diviene ancora più discutibile quando il sacrificio non solo non contribuisce a risolvere una situazione, ma è inaccettabile quando, in nome di una simulazione umanitaria, serve solo a ragioni di prestigio internazionale o peggio a favorire intrighi finanziari.

Questa non è una buona causa. La situazione che si trascina in Afghanistan da anni ha per ora richiesto il sacrificio di 34 nostri fratelli, prima giustificato per portare la pace, poi per ottenere una vittoria, oggi per chiudere al più presto una guerra. Una guerra a suo tempo già perduta dagli inglesi e dai russi. Sarebbe dunque giunto il momento di finirla una buona volta, di abbandonare le ipocrisie e le bugie, e di lasciare questo popolo libero di risolvere i propri problemi come meglio crede. Un popolo che già una volta, lasciato operare da solo, ha dimostrato di saperlo fare,come nel 1989 quando le forze russe abbandonarono il paese,e il regime comunista del momento, per circa tre anni, difese efficacemente il paese usando le milizie tribali esistenti, e comunque, l'idea di mettere gli Afghani nella condizione di lottare per la loro patria è certamente quella giusta.

Ma questa idea deve essere non solo pianificata e coordinata, ma anche condivisa dalla popolazione, non con azioni militari, ma con azioni politiche e organizzative, nelle quali la NATO favorisca l'indipendenza del popolo da Al-Qaida. E il Vietnam dovrebbe insegnare qualche cosa. Purtroppo il comportamento della NATO non ha conquistato la fiducia di questo popolo. E così, i Talebani continuano a rinforzarsi, ma non tanto per i successi militari, ma perché la popolazione ha perduto la fiducia nelle forze d'occupazione che hanno mostrato il vero volto di questa "missione di pace", e cioè fare soldi in tutti i modi, anche con gli aiuti dei contribuenti di tutto il mondo versati, credendo ingenuamente, d'aiutare la democrazia in quel paese.

Gli Stati Uniti sono il più grande donatore, con circa 3,5 miliardi di dollari ,ma spesi non per dare progresso al popolo, ma solo per sostenere il governo Karzai, per il tempo necessario alle corporation USA di riprendersi in modo differente questi soldi. Ad esempio sono state assegnate commesse per 665 milioni di dollari al gruppo Louis Berger per la costruzione di 533 scuole e cliniche, ne sono state consegnate solo 138, perché molte erano progettate in zone impossibili, come cimiteri, acquitrini, dirupi. In media queste strutture sono costate 250 mila dollari ciascuna, ma altre sono arrivate a costare fino a 600 mila dollari. Ma una volta completate, queste strutture cadono a pezzi perché costruite con materiali scadenti, senza fondamenta, violando tutte le regole, aggirate pagando mazzette ad altre società straniere incaricate di certificare che i progetti siano a norma.

Ad una scuola a Moqor è crollato il tetto sotto il peso della neve perché il tetto era del tipo usato in California, dove non nevica. Analogo problema in 22 scuole e 67 cliniche. Una clinica a Larkabi, una volta finita sarà abbattuta perché costruita su una frana. La strada da Sar-e-Pol a Shebergan ha il manto asfaltato completamente distrutto ed è priva di manutenzione, ha inoltre interrotto i canali di scolo e di irrigazione nella zona, provocando allagamenti e crolli e distruzione di zone agricole. Per costruirla gli operai afghani hanno preso 90 dollari al mese per 10 ore di lavoro 7 giorni su 7 e chi protestava veniva cacciato, gli ingegneri americani hanno preso 5 mila dollari al mese. Ma il monopolio e l'utile negli affari non è solo americano: l'Italia ha speso nel 2009 per questa sua partecipazione, 480 milioni di euro, nel 2008 ne spese 335, e nello stesso anno abbiamo esportato in Afghanistan nostri prodotti per 16,3 milioni di euro. Certamente un buon affare! Dunque questa tragica guerra, sanguinosa, inutile, e ormai perduta è un'ottima occasione per far credere che in nome della democrazia venga offerto denaro per gli afgani, ma di questi aiuti gli afghani ricevono solo le briciole, e costano la vita di tanti soldati di ogni nazione.

Tra il 2002 e il 2009 l'Afghanistan ha ricevuto,teoricamente, circa 40 miliardi di dollari di assistenza internazionale. Di questi, solo 6 miliardi sono andati al governo centrale del paese e i rimanenti 34 se li sono spartiti le varie organizzazioni internazionali come ONU, ONG, Banca Mondiale, Banche regionali per lo sviluppo etc. attraverso progetti folli come quelli sopra citati. Circa il 70% di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione, perché ormai è noto che la maggior parte degli aiuti dei contribuenti europei e americani si perdono lungo la catena della distribuzione e ritornano sotto altre forme, lecite o illecite, ai centri dalle quali sono partite. E di quello che arriva,la corruzione in Afghanistan sottrae circa il 7% , e quella degli uffici per la cooperazione è ben più elevata. I fondi spesi per una sola settimana di guerra, sarebbero sufficienti a debellare l'analfabetismo in tutto il paese sia tra i giovani che tra gli anziani. Mancano strumenti per analizzare e controllare questi costi e sul rendimento degli aiuti, e pertanto nessuno può sapere dove vanno a finire i soldi. E questo è molto comodo!

L'agenzia ANDS (Afghanistan National Development Strategy), che dovrebbe occuparsi della ricostruzione, invece organizza conferenze e redige documenti che nessuno legge, ma che gratificano abbondantemente quegli esperti e consulenti stranieri che li hanno scritti. Azioni scoordinate di questo tipo non fanno avanzare di un passo l'economia di questo paese che avrebbe invece tutte le risorse necessarie per migliorare la sua posizione ,solo se gli sforzi fossero ben orientati e razionalizzati. Ormai è noto che in tutto il mondo i fondi per le varie campagne contro la fame, contro le malattie, contro il degrado ambientale puntualmente rientrano, sotto varie forme, nelle tasche di chi li raccoglie. E' una tassa sulla buona fede, che alimenta la mala fede. Non è un mistero che il Presidente della Germania abbia dichiarato che la guerra serve solo per tutelare gli interessi economici degli Stati Uniti.

Il nostro dice che è una buona causa, chi mente ? Del resto non è necessario immaginare nulla , basta osservare quello che è accaduto e che sta accadendo in Iraq, complici tutte le nazioni che hanno mandato truppe , compreso il nostro paese che tenacemente difende la prosecuzione di queste "operazioni di pace", e si capisce perché. Abbiamo avuto 21 Carabinieri morti a Nassirya, e casualmente nella zona vi era un impianto petrolifero dell'ENI. In Iraq sono stati erogati dall'Italia 10 milioni di euro per le Agenzie delle Nazioni Unite e della Croce Rossa Internazionale, altri 5 milioni per UNICEF, Programma Alimentare Mondiale, Organizzazione Mondiale della Sanità etc. Ben 2550 sono le società italiane che hanno intrattenuto rapporti commerciali in Iraq, e a questo proposito è bene ricordare lo scandalo "Oil for food", queste società sono state subappaltate dalle grandi aziende inglesi ed americane per gestire la ricostruzione, e la maggior parte di queste imprese hanno già operato anche nella guerra dei Balcani, operano in Libano e sopravvivono solo grazie a tutte le possibili operazioni di pace, e se necessario se ne inventa qualcuna in più. La Società Italiana per gli investimenti all'estero (SIMEST) prevede di conseguenza un aumento del volume di affari del 25% nelle aree dove vi sono missioni di pace italiane. Ma tutte le gare di appalto non sono assegnate ai migliori, ma sono di esclusivo appannaggio di aziende americane che permetteranno, se noi saremo ubbidienti,di lavorare alle imprese italiane nei processi di ricostruzione con operazioni di sub-appalto. I morti italiani sono il prezzo di questa obbedienza.

Una legge sugli investimenti esteri in Iraq permetterà alle imprese straniere di poter acquistare proprietà su tutto il territorio iracheno in tutti i settori economici, ad eccezione di quello petrolifero e derivati, che resterà saldamente sotto il controllo americano.Questa legge prevede gare per 2300 contratti del valore di circa 8 miliardi di dollari. Non vado oltre ,ma comunque dietro le "operazioni di pace" grandi affari per tutti, un manipolo di soldati morti da mettere in conto, con ipocrite manifestazioni di solidarietà e cordoglio, cortei, corone di fiori, lacrime di coccodrillo delle istituzioni, ma poi stranamente,di tutto questo, neanche la disoccupazione in Italia ne trae benefici , e tante fabbriche chiudono. La strada seguita in Afghanistan purtroppo invece rischia di ripetere gli errori fatti in Iraq. Oggi si tenta di riarmare quelle stesse milizie delle varie fazioni tribali che, con tanti sforzi negli anni passati, le forze internazionali hanno tentato di disarmare. Non esiste una preselezione delle persone da armare, e quindi si creano nuovamente le condizioni per rinfocolare le contese basate su differenze ideologiche, su diversità tribali, su tensioni tra le varie famiglie dominanti. Si ricreerebbe esattamente la stessa situazione che la popolazione condannò a suo tempo contro i signori della guerra, e che fece nascere il movimento dei talebani, legittimati proprio per questo.

E' facile che dunque questa situazione degeneri perché il governo afghano oggi non possiede strutture di filtraggio neppure per controllare le forze di polizia, che di giorno sono leali con il governo e di notte diventano ribelli. E quindi i talebani potrebbero infiltrarsi anche nell'esercito. Inoltre i talebani e la lotta contro di loro, si sviluppa prevalentemente nel sud del paese, dunque riarmare questa zona ,significherebbe lasciare disarmati gli abitanti del nord,e questi sarebbero costretti ad essere protetti da altre milizie create però dagli stati confinanti (Iran,Turchia) che hanno interessi opposti a quelli degli Stati Uniti, e quindi si potrebbero avere nuovi conflitti.. La guerra dunque invece di finire, si allargherebbe, ed infatti è quello che sta accadendo, e il ritiro annunciato per il 2011 è solo una storiella per tacitare l'ingenua opinione pubblica, il generale Petreus ha già chiesto una proroga di sei mesi, e gli esperti militari pensano che non basterà neppure restare nel paese fino al 2014. E tutto questo perché stabilizzare la situazione non significa solo distribuire le armi alle persone giuste, significa soprattutto fare uscire la popolazione dallo stato di estrema miseria nella quale si trovano tutti.

L'amministrazione afgana con il presidente Karzai ha fallito su tutto ciò che aveva promesso al popolo: la corruzione è aumentata, dilaga il nepotismo, e quasi tutti gli altri funzionari governativi sono incompetenti e incapaci di sviluppare adeguati progetti. E del resto come possono partire progetti concreti quando su 36 province 34 sono controllate dai talebani? Tanto meno si può pensare che la popolazione dia fiducia ad un esercito di contractor e sub-contractor privati, che sono motivati solo dalla ricerca del proprio profitto.

L'Afghanistan è un paese povero, ed oggi la crisi alimentare diviene sempre più critica perché esiste una rapida crescita della popolazione, e tutto questo farà aumentare il tasso di povertà nel paese. Una povertà che il paese potrebbe sconfiggere, perché è ricco di risorse naturali e di energia, pensate che è il paese che ha le più grandi miniere di litio del mondo, ma in questi settori non è stato compiuto alcun investimento, e infatti nonostante la disponibilità di gas naturale e carbone ,per generare energia elettrica sufficiente ai bisogni della gente, non è stato costruito un solo impianto per sfruttare queste risorse. Solo le multinazionali americane, europee, cinesi e russe sono in agguato per succhiare il sangue di questa nazione , passando su un tappeto di cadaveri militari e non, ma quel che importa è che a questi venga offerta la pace eterna, in cambio della pace per i portafogli di altri.

E' questa la missione di pace della quale si parla!

* intervento su Radio Gamma 5 del 13.10.2010 e su Challenger TV satellitare Sky 922 ogni giorno dal lunedì al venerdì

Fonte: http://www.osservatoriosullalegalita.org/

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