Un anno fa una alluvione in Toscana provocò milioni di danni . Le ditte (che hanno evitato il peggio) non hanno visto un euro
Lavorarono giorno e notte, 61 giorni di fila, San Silvestro, Capodanno ed Epifania compresi. Grazie al loro impegno, il disastro di Natale di un anno fa causato dalla rotta del Serchio a Vecchiano, in provincia di Pisa, con la conseguente alluvione della piana, non si trasformò in una tragedia dieci volte più grande, con l’esondazione pure del lago di Massaciuccoli e tutto quello che avrebbe comportato. Il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, arrivato sul posto con il solito dispiegamento di mezzi, li salutò con calore ed ebbe parole di apprezzamento ed elogio per la loro abnegazione. Poi risalì sull’elicottero e se ne andò lasciandoli con i badili in mano nel fango, i camion pieni di sacchi di sabbia da scaricare, le ruspe in movimento per rafforzare gli argini ballerini. Non si vide più e quel che è peggio le ditte e i lavoratori che in quei giorni ci misero l’anima, poi non sono mai stati pagati dallo Stato. E chissà se e quando riusciranno ad avere ciò che spetta loro.
Il governo degli slogan
È una storia doppiamente triste questa dell’alluvione toscana del Natale 2009. È triste per i danni provocati dall’acqua e dal fango, centinaia di milioni di euro, soprattutto alle fabbriche della zona industriale di Migliarino, tra Viareggio e Pisa. E poi perché si è lasciata dietro uno strascico di insensibilità burocratica e di assenza statale, di lavori urgenti effettuati per evitare nuovi danni e mai pagati, appunto. È una storia che dimostra quanta lontananza ci sia tra la propaganda del “governo del fare” e ciò che realmente il governo fa per prevenire i disastri e tamponare le emergenze. Di fronte alle nuove alluvioni di questi giorni e alle inondazioni prima in Liguria e poi a Prato, il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha sorprendentemente dichiarato di temere che siccome “stiamo andando verso la stagione delle piogge, tanti altri saranno gli incidenti nel nostro paese”. Come se la politica di difesa e prevenzione del territorio non fosse affare suo, come se le alluvioni fossero ineluttabili ogni volta che piove e un governo e uno Stato seri non dovessero intervenire per proteggere i cittadini e i loro beni con una politica e un programma credibile di cura concreta (e senza sprechi) dell’ambiente.
Da dieci mesi nessuno paga
Racconta con amarezza il versiliese Fortunato Angelini, presidente del Consorzio di bonifica del lago di Massaciuccoli e dei consorzi toscani, il dirigente che in quei giorni si mise concretamente sulle spalle l’impegno di organizzare il lavoro di riparazione delle rotte e di rafforzamento degli argini per impedire il peggio. “Fui io a chiamare le ditte, una decina in tutto, aziende specializzate nel rifacimento degli argini, imprese per il movimento terra, cooperative agro-forestali. In più misi al lavoro una ventina di operai e una decina di tecnici del Consorzio Massaciuccoli, più altri lavoratori dei consorzi Auser-Bientina, del Padule di Fucecchio e dell’Ombrone pistoiese. Fu un impegno massacrante, da Natale al 23 febbraio, nessuno si risparmiò e ne vado fiero. Ma ora le ditte mi inseguono, giustamente vogliono essere pagate e io non so come fare, perché i quattrini per quei lavori ufficialmente definiti ‘somme urgenze’ e che sono ovviamente tutti documentati, per legge li deve tirar fuori il governo. Mi hanno assicurato che la faccenda forse si sta sbloccando… Speriamo”. Intanto, però, sono passati 10 mesi.
Non si tratta di importi colossali, anzi, sono cifre tutto sommato modeste per il bilancio dello Stato: 4 milioni e mezzo di euro in tutto, di cui un po’ meno di 2 sopportati dal solo Consorzio del lago di Massaciuccoli. Ma per le ditte che hanno lavorato, aziende del posto che già devono fare i conti con la crisi, sono tantissimi quattrini, quelli che fanno la differenza tra la tranquillità economica e i guai di bilancio. Per non parlare dei dipendenti che si sono massacrati di lavoro e ora devono anche penare per avere il dovuto.
L’acqua che fa paura
Senza l’intervento delle squadre d’emergenza, l’alluvione toscana di Natale del 2009 probabilmente sarebbe potuta diventare molto più grave e devastante di quello che effettivamente fu. La rottura di circa 150 metri di argine del Serchio trasformò la pianura che separa Pisa nord da Viareggio in un enorme lago profondo in alcuni punti fino a 4 metri. Mentre le piogge continuavano a battere tutta la regione e il mare grosso di libeccio impediva alle acque dei canali di refluire con regolarità, il lago prodotto dall’alluvione cominciò a premere sul lago naturale di Massaciuccoli e per alcuni giorni si temette che anche quest’ultimo potesse rompere gli argini dalla parte nord, moltiplicando danni e lutti, come successe nel 1940, quando le acque invasero perfino tutta la pianura di Massarosa a ridosso di Viareggio.
Gli interventi di emergenza di un anno fa furono di tre tipi. Prima di tutto i lavori vennero concentrati sulla riparazione dei 150 metri di argine del Serchio a Vecchiano e negli altri due punti a Santa Maria a Monte e in provincia di Lucca dove il fiume aveva rotto. Poi furono piazzati circa 110 mila sacchi di sabbia tutto intorno agli argini del lago di Massaciuccoli per impedire che anche questo esondasse. Furono fatte arrivare in tutta fretta enormi pompe idrauliche dal delta del Po con cui per 2 mesi di fila fu organizzato un doppio pompaggio. Le acque del grande lago prodotto dall’alluvione furono succhiate e versate nel lago naturale di Massaciuccoli che a sua volta fu svuotato in continuazione per impedire che rompesse gli argini mentre le acque in eccesso furono scaricate in mare. Un’operazione lunga, difficile e impegnativa. Mai pagata.
di Daniele Martini
Da Il Fatto Quotidiano del 12 ottobre 2010
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