Inizia la settimana europea per mettere un freno al "finning” che potremmo tradurre coniando il termine di "spinnamento", ossia alla pratica della pesca dello squalo con immediata asportazione delle pinne e conseguente scaricamento a mare dell'animale così orrendamente menomato – si legge nel comunicato dell’ADICO.
Tutta la carne del corpo, pari al 95-99% dello squalo, è infatti buttata via, e l'animale privato delle pinne, se non è già morto quando viene tirato a bordo è comunque destinato ad una inutile agonia.
Gli squali sono animali estremamente vulnerabili, soprattutto a ragione del fatto che hanno dei meccanismi di riproduzione delicati. Impiegano diversi anni per raggiungere la maturità sessuale; hanno periodi di gestazione lunghi, che giungono fino ad un massimo di due anni; infine producono un numero di piccoli basso o comunque relativamente ridotto per volta, da uno ad alcune decine di individui, anziché migliaia o milioni come avviene invece nei pesci ossei.
Per le pinne vengono cacciate numerose specie, senza fare alcuna discriminazione di taglia, anche perché un giovane squalo è spesso comunque un grosso pesce.
"Una pratica tra le più barbare e crudeli che esista – spiega il presidente dell’ADICO, Carlo Garofolini – con conseguenze disastrose per numerose popolazioni di molte specie di squali, che sono state e continuano ad essere decimate selvaggiamente".
L'Italia è stata fino al 2000, secondo le statistiche della Fao, il maggior importatore del mondo di squali . Nel 2005 era al quinto posto per importazione di squali e prodotti di squali, dietro a Spagna, Corea del Sud, Cina, e Messico.
Ma dove finiscono le 93 mila tonnellate di squali uccisi dai paesi europei?
La risposta è semplice. Sulle nostre tavole, camuffati con nomi di fantasia: palombo, gattuccio, smeriglio, ma anche missola in Liguria, nizza nelle Marche, penna in Puglia, "vitello di mare" a Venezia.
Nel Mediterraneo si è già registrato un crollo del 42 per cento, con punte del 97 per cento.Gli squali e i loro vicini parenti, le razze, sono particolarmente vulnerabili al sovrasfruttamento, in quanto sono animali caratterizzati da una crescita lenta, raggiungono tardi la maturità sessuale e hanno una scarsa fertilità.
"L'Europa, avendo un ruolo significativo nella cattura, nel consumo e nel commercio globale di squali, ha il dovere di adottare politiche di conservazione efficaci", ha detto Uta Bellion, coordinatore delle attività europee di Shark Alliance.
Fonte:ADICO
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