giovedì 21 ottobre 2010

Rapporto UNFPA sullo "Stato delle Popolazioni del Mondo 2010"

Il Rapporto sullo “Stato delle Popolazioni del Mondo 2010”: Dai conflitti e le crisi alla rinascita: generazione di cambiamenti.

Intorno al mondo, nei Paesi e nelle regioni che hanno dovuto superare situazioni di emergenza causate dai conflitti, i sopravvissuti tentano di rinnovare le proprie vite.

Si tratta di persone che hanno vissuto all’ombra di guerre brutali, assistito alla distruzione di intere famiglie, abbandonato le proprie terre da rifugiati; che hanno imparato a convivere con nuove realtà, nuove forme di potere nei rapporti all'interno delle famiglie, cambiamenti nei ruoli di genere, economie dei villaggi rovesciate e culture tradizionali in continuo mutamento.

Per coloro che sopravvivono, la pace segna fine del conflitto, ma rappresenta anche una nuova sfida per il futuro. In questi paesi la rinascita avviene grazie al lavoro di molte organizzazioni non governative di base, alcune gestite dalle giovani generazioni locali, più vicine e con maggiori conoscenze della comunicazione e dell’uso degli strumenti multimediali, e dunque capaci di avvicinarsi a realtà lontane dalle proprie. Questi giovani sono sostenuti nelle loro azioni da una serie di Agenzie delle Nazioni Unite e da altri donatori.

Il Rapporto sullo “Stato delle Popolazioni del Mondo 2010” pubblicato da UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, è stato presentato in occasione del decimo anniversario della risoluzione 1325, che riconosce la vulnerabilità alla violenza di donne e ragazze nei contesti di guerra, ma anche la loro emarginazione nei processi di costruzione della pace e negli organismi che si impegnano per scongiurare nuove guerre, costruire la pace e favorire la ripresa delle società devastate.

Per oltre un decennio, mentre il Consiglio di Sicurezza adottava una serie di risoluzioni, donne e uomini iniziavano a operare concretamente, nei loro rispettivi paesi, per tradurre gli obiettivi della risoluzione in realtà.

Le violenze e gli abusi sessuali causati dalla guerra e dalle catastrofi non fanno vittime solo tra le donne. Anche gli uomini soffrono spesso di abusi, umiliazioni e denigrazioni. Tuttavia, per le donne che si trovano a vivere in situazioni di guerra o a diventare profughe, la vita cambia. Molte diventano le colonne portanti per il sostentamento delle proprie famiglie; tornate a casa molte scelgono di continuare le proprie attività e di conservare la propria indipendenza economica; altre diventano attiviste per la promozione dei diritti umani. Ma non sempre il cambiamento nei ruoli di genere è accolto positivamente; spesso genera un aumento della violenza domestica, come accaduto a Timor est e in Liberia.

Il Rapporto sullo “Stato delle Popolazioni del Mondo 2010” raccoglie per la prima volta dati provenienti direttamente dal terreno, in una serie di paesi che si trovano in una situazione di conflitto o che si stanno rigenerando dopo aver vissuto una catastrofe. I paesi oggetto del rapporto sono: Bosnia Erzegovina, Liberia, Uganda e Timor est. Sono state effettuate anche visite nei Territori Palestinesi Occupati, in Giordania e ad Haiti – un paese già in estrema difficoltà prima del terremoto del 12 gennaio.

I traumi che le popolazioni soffrono durante la guerra non terminano con la pace, ma spesso continuano anche dopo la fine del conflitto. I più giovani, i bambini, ma anche gli adulti e le donne che hanno perso le loro case ed i loro lavori, devono trovare un modo di sostentare le proprie famiglie e spesso non ci riescono. Molti ex profughi, continuano a vivere in una situazione di limbo, soli nella loro povertà.

Anche gli adolescenti rappresentano una categoria particolarmente a rischio. Molti vengono reclutati in maniera forzata e devono successivamente cercare di reintegrarsi nella società. Altri, vittime di schiavitù sessuale, tornano a casa moralmente distrutti, spesso con bambini nati da gravidanze indesiderate, o senza aver completato i propri studi. Spesso sono rifiutati dalle loro famiglie. Non solo le ferite fisiche provocate dalla guerra durano per sempre – come nei casi delle mutilazioni, dei contagi AIDS e di altre invalidità – ma perfino il recupero dai traumi psicologici può essere molto lento. In questi casi, le popolazioni beneficiarie richiedono a chi giunge a prestare soccorso dall’estero di non partire o di continuare perlomeno ad offrire il proprio sostegno economico a distanza.

In ogni caso è fondamentale la presenza di una comunità in cui sentirsi protetti, sia essa una famiglia allargata, un clan, un viaggio o un’organizzazione locale. Con questo sostegno sociale, tornare ad una vita normale può essere possibile.

Il Rapporto sullo “Stato delle Popolazioni del Mondo 2010” descrive ciò che è stato fatto negli ultimi 10 anni, ma raccoglie soprattutto storie reali di vita vissuta. Contiene inoltre un rinnovato impegno da parte delle comunità locali e di quella internazionale a favore della riabilitazione delle società che hanno vissuto un conflitto e dell’alleviamento della sofferenza delle popolazioni che ancora oggi vivono guerre o disastri umani e sociali.

Per saperne di più: http://www.unfpa.org/swp/

Fonte: UNRIC

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