Dispensatore
di vita e di morte: è questo il destino del Fiume Giallo, osannato sin
dall'antichità per le sue virtù e marchiato come il "cordoglio della
Cina". Le sue frequenti e impetuose inondazioni, sono costate la vita a
milioni di cinesi, ma hanno reso fertili e prospere le sue rive.
Nasce
dall'altopiano del Tibet e si snoda verso ovest, in un percorso tortuoso, fino
al golfo di Bo Hai, nel Mar Giallo. Gli abbondanti materiali giallastri che le
sue acque trascinano sono sedimenti eolici, detti löss, simili al limo.
Lo
Huang He, come lo chiamano i cinesi, è, infatti, ciò che è stato il Nilo per
gli antichi egizi: il simbolo di una nazione e della sua prosperità.
Lungo il suo corso nacque la civiltà degli Han. Sulle sue sponde ebbe i natali
Confucio e fiorirono regni. Le sue rive furono percosse e saccheggiate dai
barbari. L'impeto delle sue acque fu utilizzata dal generale Chang Kai- shek,
nel 1938, per fermare l'avanzata nipponica.
Il
mitico imperatore Yu il Grande, il primo della dinastia Xia, diceva: "Tenere
a bada il Fiume Giallo, vuol dire controllare la Cina". Le sue rovinose
esondazioni, infatti, spesso, oltre a causare la morte di migliaia di persone,
hanno significato la destituzione di imperatori, in quanto segni del ritiro del
mandato celeste, da parte delle divinità.
Su
una collina a nord dei laghi Gyaring e Ngoring, il Partito Comunista ha eretto
un monumento, una placca di rame che ne recita l'importanza: "Il Fiume
Giallo è la culla del popolo cinese. La regione del Fiume Giallo è il luogo di
nascita della magnifica, antica cultura cinese. Lo spirito del Fiume Giallo è
lo spirito del popolo cinese".
Anche
in epoca industriale, lo Huang He continua ad essere simbolo di ricchezza del
Dragone: vasti giacimenti di risorse minerarie -quali carbone, petrolio e gas
naturale- sorgono lungo il suo corso e le sue acque costituiscono la più
importante risorsa idrica per 140 milioni di persone e migliaia di fabbriche.
Se
a lungo il Fiume Giallo ha disposto fame e sete, seminando morte e vita, oggi
rappresenta il desiderio della Cina, la voglia di riconquistare quella
posizione persa sotto il piede degli stranieri e potenze ostili. Proprio questa
sete lo ha, però, trasformato nel simbolo dei costi di quest'ascesa, del
disastro ecologico, della crisi idrica che attanaglia Pechino.
Negli
ultimi 40 anni ha perso 23 miliardi di metri cubi d'acqua. Risucchiato dal
deserto, scompare per lunghi tratti nella terra arida. Il 60% delle sue acque
non è più potabile. Ogni giorno riceve, infatti, tonnellate di residui chimici,
sversati dalle fabbriche limitrofe, senza contare gli "incidenti" che
si sono susseguiti nel corso degli anni, di cui il più famoso nel 2006, lo
dipinse di rosso.
Tutto
ciò è il frutto di un rapido sviluppo urbano e industriale, durante il quale
poca attenzione è stata riservata all'ambiente. Nonostante negli ultimi anni il
governo di Pechino abbia tentato degli interventi, a fronte anche delle perdite
economiche causate dall'inquinamento idrico, i risultati sono stati deludenti.
Oggi,
così, il Fiume Giallo rappresenta il baluardo della più grande piaga cinese e i
leader di Pechino sembrano aver dimenticato le parole di Yu il Grande,
impegnati a controllare più il mercato internazionale, che il territorio cinese.
di Marta Coppola
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