Dalle
mura Aureliane al Torrione di Villa Gordiani, dal mausoleo nel parco di Villa
De Santis alle arcate di piazza Porta Maggiore: vita dura per i beni
archeologici della città
Descrivere
i monumenti nell’oblio è un po’ come sparare sulla croce rossa soprattutto in
un periodo come questo, in cui bellezze quali il Colosseo e Fontana di Trevi
perdono i pezzi. Più difficile, piuttosto, è raccontare di quei beni
archeologici “minori” (non di certo per valore storico-sociale) lasciati nel
degrado strutturale ma pur sempre orgogliosi rappresentanti del passato della
città: passato che rivive nel presente ma domani chissà. Se a maggio una porzione
di marmo si fosse staccata dal complesso di villa Gordiani o dal Torrione, ci
sarebbe stato lo stesso eco? Tanti i dubbi.
Cinque
Giorni dunque si è fatta una passeggiata nel patrimonio nel dimenticatoio
per capirne un po' di più. La prima tappa del tour del degrado è al III km
della Prenestina, dove giace l’inestimabile struttura patrizia del parco di
Villa Gordiani, che conta una villa, una cisterna e un mausoleo risalenti ai
primi secoli d.C. Ebbene, se gli spazi verdi adibiti al pubblico non se la passano
male, lo stesso non può dirsi per le aree adiacenti ai monumenti dove il
“verde” è sin troppo vistoso: «Alta e incolta è l’erba che circonda i resti -
dice contrariata Julia, residente della zona -. Difficile arrivare lì a meno
che qualcuno abbia voglia di uno slalom nella sterpaglia». Quella sì dimora
gustosa per bisce e immondizie.
Stessi
problemi appena mille metri più avanti. Al km 2 della strada consolare si erige
il Torrione, antico sepolcro augusteo. La struttura è in preoccupante
equilibrio e per gli esperti è a rischio cedimento. Che le sensazioni non siano
troppo positive lo si percepisce dal fatto che vicino la cella sepolcrale ci
sono sporcizia e cucce per animali: segno che qualcuno passa del tempo alla
faccia di lucchetti e divieti. A largo Preneste troviamo il Colombario,
anch’esso monumento sporco, dimenticato da dio e situato nel bel mezzo di un
incrocio alla mercè di smog e indifferenza. Da lì, poi, prendiamo il 19 verso
Porta Maggiore, giusto per una fotografia alle imponenti arcate, sotto quali
passano baraonde di macchine. Va detto che parte di esse sono tuttora in fase
di ristrutturazione. Un buon auspicio testimoniato dalla presenza di
impalcature, dove qualche bontempone ha disegnato una grande carota: che stesse
pensando alla futuro degrado dell’opera? «Speriamo di no, io comunque opterei
per il bastone », scherza Valerio, 26enne neolaureato. Arriviamo quindi a San
Lorenzo, dove svettano le Mure Aureliane, in agonia da anni; un crollo lo
scorso anno, prima ancora nel 2009 e nel 2007: «Il problema è sotto gli occhi
di tutti - dice Barrano dell’associazione Archeologi -. Ci sono tratti con
lesioni e crepe. C’è poca manutenzione. Così come per i Castra Praetoria».
Eh
già pure loro, poverine, soffrono da matte. Colpa anche dell’inciviltà, che fa
attecchire vicino le mura discariche a cielo aperto. Castra, oltreché
degradati, pure pericolosi essendo casa improvvisata di senzatetto. Il tour
continua all’acquedotto Felice, zona casilina, dove a maggio è caduto un concio
da un arco. Acquedotto infelice, verrebbe da dire: «Serve una seria
manutenzione - esorta Gianni, novello architetto -. Se la cura viene meno
alcune parti possono essere aggredite da clima e smog». Discorso valido
purtroppo per tutti gli altri magnificenti acquedotti di Roma. Che futuro ci
attende dunque? A chi dare la colpa? Per Borrano «a livello governativo le
politiche degli ultimi anni non hanno aiutato un paese dove alla cultura non si
riesce a destinare nemmeno un 1% di Pil e dove le sovraintendenze statali hanno
carenze di risorse e personali». E il Campidoglio? Per il consigliere regionale
Idv Rodano «è un’amministrazione che sulla tutela dei beni è stata deficitaria.
Il commissariamento delle aree archeologiche non ha portato a nulla». Chi
invece gode di ottima salute è il parco archeologico di Villa De Santis, dove
si chiude il nostro tour. Proprio qui, nello storico polmone verde del
Prenestino-Labicano che lambisce la Casilina, sono presenti reperti
meravigliosi, tra cui il mausoleo di Elena, circondato da un verde rigoglioso e
da uno spazio ben curato: «Amiamo quest’area così bella - raccontano Anna e
Patrizia -. Speriamo che il cemento non rovini lo scenario limitrofo». Sul
quartiere Casilino, infatti, incombe un progetto devastante di lottizzazione.
di
Marco Montini
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