Il
Governo ha presentato un progetto di legge per la legalizzazione, regolata e
controllata, di produzione e commercializzazione della marijuana. Obiettivo:
combattere il potere del narcotraffico
Si appresta a diventare il primo paese al mondo a legalizzare l’uso, la vendita e la produzione di marijuana. «Qualcuno deve pur
cominciare. L'Uruguay è un Paese piccolo, e qui sarà più
facile capire se la liberalizzazione funziona». Un progetto di legge introdotto
dal partito del presidente José Mujica, un ex-guerrigliero di sinistra, è stato
presentato in parlamento, dove l’approvazione è sicura, poiché lo sostengono
anche le forze d’opposizione. L'Uruguay è dunque intenzionato a diventare il
primo Stato al mondo produttore legale di
marijuana.
A partire da settembre il
governo di Montevideo destinerà 100 ettari a
piantagioni di cannabis e la prima raccolta avverrà dopo sei mesi. Si prevede
una produzione di 27 tonnellate l'anno, destinata agli oltre 100 mila
consumatori del Paese. Due gli obiettivi del provvedimento: ridurre il potere
delle gang criminali che sfruttano il commercio di cannabis e possibilmente
distogliere anche i consumatori da droghe pesanti come la cocaina. L'idea
di Mujica fa parte di un pacchetto sicurezza di 15 punti e dovrà essere
approvata dal Congresso.
Non dovrebbero esserci
problemi, perché il suo Frente Amplo controlla la maggioranza dei seggi. Mujica
è un ex guerrigliero tupamaro, al potere dal 2010, e finora ha retto l'Uruguay
con moderazione. Lo spinello di Stato non ha nulla di ideologico,
assicurano a Montevideo, ma è una scelta razionale per contrastare la violenza
legata al narcotraffico e contenere il salto dei giovani verso droghe più
pesanti. Chi vorrà comprare legalmente fino a 30 grammi di «erba» al mese dovrà
iscriversi in una lista ufficiale. Non sarà permessa la vendita a stranieri,
per evitare un turismo del consumo e il traffico illegale resterà
proibito. «Siamo convinti che la proibizione di certe droghe abbia creato più
problemi alla società che le droghe stesse», afferma il ministro della Difesa
Huidobro.
Lo Stato
sarà l'unico produttore autorizzato, si useranno per la vendita intermediari
privati, ma il ricavato nelle casse pubbliche verrà destinato a finanziare progetti
di riabilitazione dalle droghe pesanti. Ma le critiche al progetto, dentro e fuori l'Uruguay,
non mancano. Obiezioni etiche a parte, viene ribadito l'argomento che una
decisione del genere non può essere unilaterale. «Servono azioni comuni - dice
dalla Colombia Juan Manuel Santos - perché le
distorsioni create tra un Paese che legalizza e un altro dove è tutto proibito
possono aggravare il problema».
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