Milano,
22 giugno 2012 - 5 anni e 40 milioni di dollari per trovare ‘le spie’ che
permetteranno l’identificazione del rischio e lo sviluppo di farmaci
innovativi. Studio “open source” tra 18 centri di ricerca USA ed europei.
Parte
il Parkinson's Progression Markers Initiative (PPMI), il primo studio dedicato
esclusivamente all’identificazione dei biomarcatori associati a questa
malattia, ossia quelle sostanze, processi o caratteristiche dell’organismo,
associabili al rischio e alla progressione del Parkinson. Ad oggi, nessuno di
questi marcatori è ancora stato scoperto e, di conseguenza, non esistono
farmaci in grado di rallentare o arrestare il decorso della malattia. Per
questo la ricerca americana rappresenta una svolta epocale per affrontare il
disturbo neurologico che in Italia colpisce più di 200.000 persone, 5 milioni
in tutto il mondo. La conoscenza di questi biomarcatori – sostengono gli
esperti della Michel J.Fox Foundation, che finanzia il progetto – consentirà di
prevedere, diagnosticare e monitorare la malattia, ma anche di determinare
quali cure possono funzionare e quali no. “Si tratta di un approccio
rivoluzionario – spiega Maurizio Facheris, Direttore associato dei Programmi di
ricerca della Fondazione– Attualmente, i pazienti affetti da malattia di
Parkinson possono accedere solo a trattamenti che alleviano provvisoriamente i
sintomi. Trovando un biomarcatore, invece, i ricercatori avranno uno strumento
di importanza vitale nella ricerca di terapie in grado di modificare realmente
il decorso della malattia”.
Il progetto prevede una durata di 5 anni ed è stato finanziato dalla Fondazione, la quale si prevede stanzierà in questo arco di tempo 40 milioni di dollari: il contributo iniziale è arrivato da Lily Safra, storica amica e membro della commissione della Fondazione, nonché da partner industriali come la Pfizer e la GE Healthcare. Anche l’Italia fa parte dei Paesi coinvolti nel progetto di ricerca, guidata dal Centro per le malattie neurodegenerative (Cemand) dell’Università di Salerno. “Con i biomarcatori per la progressione della malattia di Parkinson nelle nostre mani, sarà possibile stabilire degli obiettivi per le sperimentazioni cliniche per i trattamenti”, afferma il Prof. Paolo Barone, responsabile del Centro Parkinson della regione Campania e a capo del progetto Cemand dell’Università di Salerno: “Senza dati concreti come un biomarcatore, è molto più difficile dimostrare se una terapia candidata riesce, o fallisce, nel rallentare il decorso della malattia nei pazienti affetti da Parkinson, al contrario del semplice trattamento dei sintomi della malattia”.
Lo studio, coordinato dal responsabile della ricerca Kenneth L, Marek, MD, Presidente e Senior Scientist dell’Istituto per le Malattie Neurodegenerative di New Haven (Connecticut, USA), sarà condotto in 18 centri tra Stati Uniti ed Europa, e seguirà un totale di 600 volontari, di cui 400 saranno pazienti affetti da Parkinson. L’arruolamento dei partecipanti è già iniziato in 6 centri, ma sarà attivato da tutti i rimanenti entro la fine dell’anno. Trattandosi di uno studio basato solo e unicamente sull’osservazione, non testerà alcun farmaco sperimentale: i partecipanti si limiteranno a fornire una grande quantità di dati e di campioni biologici, che saranno utilizzati nella ricerca dei biomarcatori. Infine, lo studio sarà “open source”, ossia i dati e i campioni raccolti saranno messi a disposizione di ricercatori qualificati esterni all’indagine, al fine di sviluppare più rapidamente i risultati. Gli interessati al progresso della ricerca in tempo reale possono infatti visitare il sito web scientifico dedicato all'indirizzo www.ppmi-info.org. Questo studio assume un’importanza ancora maggiore se si considera che, attualmente, l’introduzione sul mercato di una nuova terapia per il sistema nervoso centrale richiede un investimento pari a oltre 1 miliardo di dollari e può impiegare più di 9 anni. La scoperta di biomarcatori potrebbe abbattere drasticamente entrambe le cifre, rendendo più economica e rapida l’immissione di nuove cure. Ottimista anche il fondatore della Fondazione: “Credo che stiamo per trovare la cura per la malattia di Parkinson, ma dobbiamo lavorare tutti insieme per far sì che avvenga” ha affermato Michael J. Fox. “Finalmente si può fare qualcosa per aiutare a cambiare la vita di milioni di persone”. La Michael J. Fox Foundation (http://www.michaeljfox.org)è stata creata dall’attore americano nel maggio del 2000, due anni dopo che a questi fu diagnosticato il morbo di Parkinson. Da allora si dedica alla ricerca di una cura per la malattia di Parkinson tramite un programma di ricerca finanziato in modo costante e allo sviluppo di terapie rivoluzionarie per chi attualmente è affetto da malattia di Parkinson. La Fondazione fino a oggi ha investito oltre 289 milioni di dollari nella ricerca.
Fonte: http://www.medinews.it
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