Centrale-termoelettrica-Porto-Tolle
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Sulla
decisione del Consiglio di Stato, che permette il proseguimento della procedura
di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) per la conversione a carbone della
centrale Enel di Porto Tolle, Greenpeace, Legambiente e WWF ribadiscono che i
nodi che hanno già determinato la bocciatura di quel progetto restano tutti sul
tavolo. Che la VIA possa proseguire in virtù delle nuove leggi approvate dalla
Regione Veneto e dal Governo Berlusconi per favorire i piani dell’Enel è
irrilevante: se Enel non sarà in grado di dimostrare la preferibilità
ambientale e sanitaria di un impianto a carbone rispetto a uno alimentato a
gas, i suoi piani verranno impugnati nuovamente e nuovamente bocciati.
Questo
pronunciamento non censura l’azione di lobby con cui l’azienda, dopo la prima
bocciatura del Consiglio di Stato, è riuscita a far cambiare ben due leggi pur
di procedere nei suoi piani di espansione della produzione a carbone, ma non
cambia le regole del Diritto Comunitario. In particolare le associazioni
ambientaliste ricordano come la nuova normativa nazionale (decreto-legge 6
luglio 2011, n. 98) contrasti apertamente con quella europea sulle procedure di
Valutazione di Impatto Ambientale, omettendo passaggi che secondo la Corte di
Giustizia Europea rientrano tra le condizioni inderogabili dai legislatori
nazionali.
E infatti, la sentenza del Consiglio di Stato non prende posizione sulla compatibilità delle nuove leggi con il diritto europeo, sostenendo che sarà eventualmente materia di giudizi futuri nel caso in cui si faccia applicazione delle nuove norme. La questione dell'obbligo della comparazione tra migliori tecnologie per l’abbattimento degli impatti ambientali, pertanto, è tutta aperta: perché il Consiglio di Stato non ha preso posizione nel merito e il diritto europeo è sul punto molto chiaro. Un'eventuale VIA positiva senza comparazione tra alimentazione dell’impianto a carbone o a gas lascerebbe aperti ampi spazi di impugnazione.
La decisione ora torna alla Commissione tecnica VIA del Ministero per l’Ambiente, che è già stata diffidata dalle associazioni ambientaliste lo scorso autunno affinché rispetti pienamente la procedura di valutazione, considerando tutti gli aspetti ambientali relativi alla realizzazione dell’impianto, nonché i criteri di partecipazione e trasparenza previsti. Una integrazione a tale diffida è stata inoltrata alla Commissione poche settimane fa, chiedendo che gli impatti dovuti all’aumento della concentrazione di PM 2,5 e ozono collegati al funzionamento di una eventuale centrale a carbone vengano definitivamente assunti tra i parametri di giudizio e comparati con quelli che si avrebbero da una riconversione a gas, fino a 5 volte inferiori.
E infatti, la sentenza del Consiglio di Stato non prende posizione sulla compatibilità delle nuove leggi con il diritto europeo, sostenendo che sarà eventualmente materia di giudizi futuri nel caso in cui si faccia applicazione delle nuove norme. La questione dell'obbligo della comparazione tra migliori tecnologie per l’abbattimento degli impatti ambientali, pertanto, è tutta aperta: perché il Consiglio di Stato non ha preso posizione nel merito e il diritto europeo è sul punto molto chiaro. Un'eventuale VIA positiva senza comparazione tra alimentazione dell’impianto a carbone o a gas lascerebbe aperti ampi spazi di impugnazione.
La decisione ora torna alla Commissione tecnica VIA del Ministero per l’Ambiente, che è già stata diffidata dalle associazioni ambientaliste lo scorso autunno affinché rispetti pienamente la procedura di valutazione, considerando tutti gli aspetti ambientali relativi alla realizzazione dell’impianto, nonché i criteri di partecipazione e trasparenza previsti. Una integrazione a tale diffida è stata inoltrata alla Commissione poche settimane fa, chiedendo che gli impatti dovuti all’aumento della concentrazione di PM 2,5 e ozono collegati al funzionamento di una eventuale centrale a carbone vengano definitivamente assunti tra i parametri di giudizio e comparati con quelli che si avrebbero da una riconversione a gas, fino a 5 volte inferiori.
Enel
è già oggi un’azienda che in Italia produce il 41% della sua elettricità con la
fonte più dannosa e nociva per il clima, l’ambiente e la salute. La conversione
a carbone di Porto Tolle comporterebbe emissioni annue di CO2 pari a oltre 4
volte quelle di una città come Milano, e emissioni annue di ossidi di zolfo
pari a 2,3 volte quelle dell'intero settore trasporti in Italia.
La
conversione a carbone della centrale di Porto Tolle non risulterebbe
conveniente neppure da un punto di vista occupazionale: se Enel spendesse i 2,5
miliardi di euro previsti per il progetto in impianti alimentati con fonti
rinnovabili occuperebbe, in fase di costruzione e installazione, fino a 3 volte
di più che con il carbone; e in fase di funzionamento e manutenzione fino a 17
volte di più. Quegli stessi soldi, investiti in efficienza energetica,
produrrebbero oltre 10 volte l’occupazione della centrale a carbone e farebbero
risparmiare 3 milioni di tonnellate l’anno di CO2.
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