Vola
la spesa delle famiglie a causa dei ticket: +18% in un anno. Ormai prossima la
tolleranza zero ai tagli. La ricetta? Spazio a manager competenti non scelti
dai politici.
Rischio fuga dalla sanità delle regioni con piano
di rientro. Sono
10 milioni gli italiani residenti nelle regioni con piani di rientro pronti a
rivolgersi a strutture di un’altra regione o ad andare all’estero in caso di
bisogno di cure. È questo il rischio che incombe sulle regioni più tartassate
dalle manovre. Il 18% dei cittadini di queste regioni si è già rivolto a un
medico, a una struttura o a un servizio sanitario di un’altra regione o si è
recato all’estero per curarsi, rispetto al 10,3% rilevato nelle altre regioni.
In quelle con piano di rientro sono di più i cittadini che pensano che la
sanità regionale peggiorerà nei prossimi cinque anni (il 37,6% rispetto al
29,5% rilevato nelle altre regioni), che hanno fatto ricorso alla sanità
privata (il 39% contro il 37%), che hanno sostenuto aumenti della spesa di
tasca propria per la sanità (il 61,8% contro il 54,9%) e che hanno subito un
incremento medio maggiore della spesa privata per famiglia (+20% contro il
+16%). In queste regioni i cittadini che non si farebbero curare in nessun caso
fuori dalla propria regione sono il 29% rispetto al 46% rilevato nelle altre
regioni. È quando emerge dalla ricerca del Censis contenuta nel Rapporto 2012
«Il Sistema Sanitario in controluce» della Fondazione Farmafactoring.
Le manovre di finanza pubblica in sanità? Inefficaci e
ingiuste. Così
si riassume il punto di vista degli italiani sulle manovre in sanità. Concepite
per rendere sostenibile la spesa sanitaria pubblica, hanno prodotto
diseguaglianze. Per il 77% degli italiani si poteva tagliare altrove. Il 71%
pensa che le manovre accentueranno le differenze di copertura sanitaria tra le
diverse regioni e tra i ceti sociali, aumentando le disparità nella tutela
della salute. Il 66% ritiene che non riporteranno la spesa sotto controllo. Per
il 62% in questo modo si tagliano i servizi e si riduce la qualità. Il 51% è
convinto che negli ultimi due anni la copertura pubblica si sia già ridotta,
perché sono aumentate le prestazioni che vanno pagate, il 44% ritiene che la
copertura sia rimasta inalterata e solo il 5% che si è ampliata.
La soluzione? Depoliticizzare la sanità nelle
regioni. Per
tenere insieme sostenibilità finanziaria e qualità dell’assistenza, la prima
cosa da fare è depoliticizzare la sanità. Per il 40% dei cittadini è necessario
passare a una gestione da parte di manager più competenti e non scelti dalla
politica. Per il 38,5% ciascuno deve contribuire pagando un ticket
proporzionato al proprio reddito. Il 37% indica la necessità di rendere più
efficienti strutture, servizi e personale. Il 19% vuole introdurre controlli
rigorosi sui medici di medicina generale.
Salasso ticket: e la spesa dei cittadini va su. Per il 58% degli italiani la spesa per la sanità
(visite mediche, dentista, analisi e accertamenti diagnostici) è aumentata del
18% in un anno. L’aumento è dovuto soprattutto ai ticket: per i farmaci (per il
65% dei cittadini), le visite mediche specialistiche (64%), analisi e
radiografie (63%).
Tra intramoenia e sanità privata, come vola la spesa
di tasca propria. Il 38% dei cittadini ha fatto ricorso nell’ultimo anno alla sanità
privata per almeno una prestazione. In particolare sono donne (42%), adulti con
45-64 anni (42,5%) e anziani (40%), residenti nel Nord-Ovest (42%) e nei comuni
tra 10mila e 30mila abitanti (42%), laureati (42%). Il 55% giudica però troppo
alto il prezzo pagato per la prestazione, il 44% lo valuta giusto e appena l’1%
lo ritiene basso. E il 10% dei cittadini ha fatto ricorso all’intramoenia
nell’ultimo anno. In particolare sono donne (11,5%), 45-64enni (12%), residenti
al Centro (13%) e nei comuni tra 100mila e 250mila abitanti (15%), laureati
(15%). In questo caso pensa di aver pagato un prezzo troppo alto il 49%, giusto
il 48%, basso il 3%.
E c’è chi compra sul web. Un milione di italiani ha acquistato prestazioni
sanitarie su Internet: 600mila persone lo hanno fatto una sola volta, 280mila
tra due e quattro volte, 120mila più di cinque volte. Il 74% lo ha fatto perché
è un’operazione semplice e veloce, il 26% perché i prezzi sono vantaggiosi e
conviene, il 59% per acquistare prestazioni di odontoiatria (pulizia o
sbiancatura dei denti, apparecchi ortodontici), il 36% servizi legati alla
prevenzione (analisi del sangue e delle urine, mammografia, mappatura dei nei),
il 23% visite con un nutrizionista (test delle intolleranze alimentari, diete
personalizzate), il 9% interventi di chirurgia estetica.
La sanità non è solo bilanci e tecnologie. Il 65% degli intervistati
ritiene importante, quando si reca in una struttura sanitaria, le relazioni con
le altre persone, dai pazienti ai familiari in attesa, perché scambiarsi
informazioni ed esperienze aiuta ad affrontare meglio la situazione. Se la
sanità è in difficoltà, almeno di alcuni aspetti strutturali gli italiani sono
contenti. Pensando all’ultima esperienza in una struttura sanitaria (ospedale,
laboratorio di analisi, istituto di riabilitazione), l’87% ha definito
l’accesso all’edificio comodo e facile, per il 75% la sala in cui si è svolta
la prestazione sanitaria era adeguata per dimensione, gradevolezza, capacità di
accoglienza, per il 72% i luoghi di attesa hanno facilitato le relazioni tra le
persone (erano ampi, ventilati, dotati di sedie), per il 69% la struttura
sanitaria era situata in un edificio esteticamente gradevole, il 64% ha definito
la struttura pensata e progettata per accogliere in modo adeguato il numero di
persone presenti (operatori, pazienti, familiari).
Fonte: http://www.censis.it/
Nessun commento:
Posta un commento