Stop ai bancomat di tutta Europa e persino controlli speciali alle frontiere, se la
Grecia dovesse “ripudiare” il debito e uscire dall’euro: le autorità centrali
di Bruxelles pensano a una procedura d’emergenza di fronte a un possibile
“worst case scenario”. «Non succede, ma se succede sono pronti», scrive “La Stampa”. In realtà,
l’Unione Europea è convinta che esista una via d’uscita – e cioè
l’ammorbidimento della stretta creditizia su Atene – ma intanto non può fare a
meno di ragionare sull’ipotesi dell’uscita traumatica della Grecia da
un’Eurozona sempre più traballante: cento miliardi per tamponare l’emorragia
delle banche spagnole e «tre mesi di tempo» per interventi risolutivi
salva-euro, come ha confermato alla “Cnn” la direttrice del Fmi, Christine
Lagarde, facendo eco al super-finanziere George Soros.
Il “pericolo” si
chiama Atene: la paura degli eurocrati è che la Grecia possa cambiare la
propria leadership politica,
rompere i patti e dire addio a Bruxelles.
«Fra le misure allo studio – scrive Marco Zatterin sul quotidiano torinese –
anche la limitazione d’imperio del prelievi ai bancomat, la reimposizione dei
controlli di frontiera e un ritorno alla piena e stretta vigilanza sui
movimenti di capitale all’interno dell’Eurozona. Tutto per evitare contagio,
panico e ulteriore crisi».
Il timore è nelle urne dei greci: se la coalizione della sinistra radicale,
“Syriza”, dovesse affermarsi alle elezioni del 17 giugno, esiste una
possibilità (remota) che il nuovo governo faccia saltare il tavolo. Alexis
Tsipras, il capo del raggruppamento, l’ha minacciato con decisione sino a
qualche settimana fa, anche se ora «la sua retorica s’è fatta più conciliante».
Resta
però la richiesta di “ammorbidimento” delle misure imposte da Bruxelles in
cambio del “salvataggio” miliardario di un paese traviato dall’élite
finanziaria mondiale – Goldman Sachs in primis – che incoraggiò Atene a
indebitarsi fino al collo per sostenere i costi delle Olimpiadi 2004. L’Europa che ieri si guardò bene dal vigilare,
oggi pretende la linea dura a tutti i costi e nega che sul “rigore” si possa
trattare. Se quello greco è un caso-limite, il problema investe tutta l’Europa del Sud: la rigidità del sistema-euro
frena le esportazioni e produce recessione, mentre le politiche di austerity
promosse da Bruxelles, col loro crescente aggravio fiscale, non fanno che
peggiorare la spirale della deflazione. Di qui le “scommesse” sulla durata
dell’euro, così come attualmente impostato: con gli Stati ridotti all'impotenza finanziaria, mortificati nella capacità di spesa sociale (a scapito dei cittadini) e costretti a ricorrere
ai mercati privati di capitali per prendere in prestito la moneta, a caro
prezzo.
Se la
situazione è più che mai instabile, e a Bruxelles c’è chi punta su uno “sconto”
per la Grecia paragonabile all'anno in più concesso per il risanamento della
Spagna, al tempo stesso l’Unione Europea lavora al piano-B, come rivela
l’agenzia “Reuters”: il programma d’emergenza è sviluppato in seno al comitato
di lavoro dell’Eurogruppo, compagine formata dalle seconde linee politiche dei
ministeri delle finanze. Le opzioni sono state già discusse nel dettaglio:
secondo il ministro dell’economia belga, Steven Vanackere, «fa
parte del compito dei governi quello di essere pronti per ogni evenienza». Ed
ecco lo schema: se la Grecia dovesse uscire dall’Eurozona, la Bce si troverebbe
immediatamente costretta a interrompere i finanziamenti sul mercato della
liquidità. Nel giro di una notte il sistema bancario fallirebbe, e con esso le
imprese. Conseguenza scontata: la corsa dei correntisti alle filiali per
recuperare il proprio denaro, spiega sempre Zatterin sulla “Stampa”.
E’ per questo, continua il giornale, che si è pensato
di intervenire sulla liquidità disponibile agli sportelli automatici e sulla
circolazione dei capitali, cosa che potrebbe essere estesa anche alle persone,
dunque con vincoli per i patti di Schengen. Obiettivo: «Rendere impossibile un
“impazzimento” dei denari e una diffusione rapida del malessere oltre il
confine greco». Persino la Svizzera si è detta pronta ad introdurre nuove
misure di controllo sui capitali. «Le fonti – aggiunge Zatterin – sottolineano
che si tratta di opzioni teoriche per le quali non è nemmeno chiaro se esista
la base legale». Problema numero uno: «L’Unione monetaria è un matrimonio che
non prevede divorzio. Da questo deriva che se la Grecia, o un altro paese,
pensassero di lasciare il club, la procedura andrebbe inventata». Il panico è
davvero dietro l’angolo.
Fonte:
www.libreidee.org
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