In attesa della sentenza che ci si augura blocchi definitivamente la riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle, il WWF lancia la propria campagna web contro il carbone.
Su wwf.it/stopcarbone: firma la petizione, guarda il video e scarica il dossier e i materiali ‘anti-carbone’.
Alcune cifre sul carbone: 12%, la quota in Italia; 30%, le emissioni di gas serra prodotte nel Belpaese; 56.822 Megawatt il picco di consumi raggiunto a fronte dei 106.489 MW installati Fermare un ritorno al passato inutile e pericoloso e far uscire finalmente l’Italia dall’età del carbone. È questo l’obiettivo della campagna WWF “Decarbonizziamo l’Italia” che parte oggi sul web e sui principali social network.
Cliccando sul sito della campagna wwf.it/stopcarbone è possibile firmare la petizione che chiede a Governo, Regioni e Comuni di chiudere definitivamente col carbone, condividere su Facebook e Twitter i contenuti della campagna e il video che con un tono ironico ci racconta come il carbone italiano, pur contando relativamente nella produzione di energia elettrica, conta moltissimo per l’emissione di gas serra. Inoltre, sul sito è possibile approfondire tutto quanto connesso alla problematica carbone scaricando il dossier tecnico-scientifico con tutti gli ultimi dati e aggiornamenti sull’argomento.
“Decarbonizziamo l’Italia ha un duplice significato” spiega Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. “Infatti, il nostro obiettivo non è solo quello di liberare l’Italia da una fonte di energia vecchia e sporca come il carbone, ma anche di avviare finalmente il nostro paese a un’economia carbon free, che punti sulle rinnovabili e sull'efficienza energetica: ovvero, che guardi al futuro”.
Il carbone è la fonte energetica nemica del clima e della salute per eccellenza: infatti, anche se contribuisce per il 12% alla produzione di energia elettrica nazionale, il carbone è responsabile di oltre il 30% delle emissioni italiane di gas serra. Una proporzione insostenibile e senza futuro che però viene supportata continuamente da chi continua a fare affari col carbone.
Il carbone fa male alla salute: anche i filtri più sofisticati presenti negli impianti di ultima generazione consentono l’emissione di una quantità di polveri sottili 71 volte superiori a quelle di una centrale a ciclo combinato a gas, mentre sono totalmente inefficaci per il particolato ultrafine, quello più pericoloso per l’uomo. Per non parlare del mercurio, sostanza altamente nociva in grado di limitare lo sviluppo neuronale degli embrioni umani fin da prima della nascita.
Il carbone, infine, non serve all’Italia: a fronte di una potenza elettrica installata che supera i 106.489 Megawatt, il picco di consumi raggiunto non ha mai superato i 56.822 Megawatt.
Ci si chiede quindi quale sia il vero motivo di tanta ostinazione nel voler riconvertire a carbone la centrale di Porto Tolle, di voler ampliare con dei nuovi gruppi a carbone la centrale di Vado Ligure, di voler addirittura costruire nuove centrali a Saline Joniche, in Calabria, e nel Sulcis, in Sardegna.
“La risposta a questa domanda non è sicuramente la sicurezza energetica italiana” conclude Midulla, “bensì la volontà di preservare rendite di posizione di colossi dell’energia che si rifiutano di fare i conti col futuro, sfruttando la totale mancanza di un piano energetico nazionale. In tutto il mondo lo sviluppo delle energie rinnovabili è esponenziale e molti Paesi, Germania in testa, stanno affrontando i problemi della transizione; l’offerta di energia elettrica prodotta con la combustione dei combustibili fossili è già sovrabbondante. Insistere col carbone, il combustibile fossile a maggiore impatto sulla salute, sul clima e sull'ambiente è miope, antistorico e soprattutto non fa l’interesse del nostro paese”.
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