Il bello dell’Italia è che,
nelle difficoltà, sa rialzare la testa. In una parola: sa arrangiarsi. E non è
mica facile, considerando che si vive in un Paese dove la crisi è stata
addirittura paragonata alla guerra (Confindustria docet, non l’uomo della
strada, giusto per dire).
Ciò detto, gli italiani non
si perdono d’animo. Ed eccoli lì, con le tasche vuote, ad arrabattarsi.
Come?Ripristinando il ‘vecchio’ baratto e adattandolo al ‘nuovo’ web. Mica una
brutta idea. E, soprattutto, mica un fenomeno da poco. Giusto qualche cifra per
rendere l’idea: oltre un milione di persone all’anno barattano con un ‘giro’ di
100mila prodotti scambiati al mese.
BARATTO, TREND IN CRESCITA –
Ma non solo i privati s’ingegnano. Lo fanno anche le imprese che per affrontare
il periodo nero hanno pensato bene di offire macchinari in cambio di
manodopera: 2000 imprese di 160 settori, mica una bazzecola. Tant’è che gli
esperti già iniziano ad analizzare il trend in crescita: “Si va verso
un’economia di autoconsumo”. Economia che non risparmia nessun settore, dalla
moda ai generi di prima necessità.
Negli ultimi mesi – dice
Paolo Severi, responsabile del sito ‘zero relativo’ – c’è stato un forte
incremento negli scambi, soprattutto per i prodotti di prima necessità. Le
persone offrono generi alimentari e vestiti per ricevere altri oggetti di uso
quotidiano. Si scambiano di tutto, dalle susine del proprio albero ai porta cd.
Gli iscritti alla piattaforma sono 30mila, gli accessi al mese 200mila. La
fascia d’età – spiega Severi – va dai 30 ai 50 anni e si estende a tutte le
zone d’Italia, con una concentrazione maggiore nelle grandi città’.
La gamma dei prodotti in
‘vetrina’ varia a 360 gradi. Dal fucile della seconda guerra mondiale del nonno
alle mele del proprio orto, dall’auto alla fede nuziale. Sì avete capito bene,
anche quella va a finire online, pronta ad essere scambiata.
La crisi è come la guerra,
diceva Squinzi di Confindustria. Ergo, appunto, ci si arrabatta. E quindi,
eccoci qui, noi italici squattinati, alle prese con ogni tipo di scambio
possibile. Non si riescono a pagare le due ore della babysitter? E allora si
offrono in cambio due ore gratuite di lezioni di piano. Non si hanno i soldi
per regalare alla fidanzata una bella borsa? Si vendono gli occhiali da sole.
Così, tanto per dire.
CHI SONO I ‘BARATTATORI’ –
Ma chi sono questi barattatori? Donne, per l’80 per cento. E in maggioranza
giovani. ‘Oggi – spiega Luisa Leonini, docente di sociologia dei consumi
dell’Università degli studi di Milano – le famiglie devono selezionare delle
priorità che non riguardano solo gli oggetti. Esiste inoltre la cosiddetta
‘banca del tempo’ dove si scambiano, al posto degli oggetti, le proprie
competenze’.
Da inizio anno sono state
quasi 600mila le merci offerte. Il ”barter”, chi baratta sul web, ha a
disposizione una molteplicità di siti dedicati allo ‘swapping’, cioè allo
scambio. Oltre quelli dedicati alle famiglie crescono sempre più portali
specifici per le imprese, in particolare quelle medio-piccole.
E c’è anche chi s’inventa
una nuova moneta. Nel sito Weexchange si baratta con gli Weuro, cioè dei
crediti. Se si vendono sedie che sul mercato costano 20 euro, nel network
saranno a disposizione per un controvalore di 20 Weuro. Se si hanno debiti di
40 Weuro ad esempio, si dovranno mettere a disposizione oggetti per lo stesso
controvalore in moneta. Per entrare in questo circuito è necessario avere una
partita Iva e pagare una quota associativa annuale e una commissione per ogni
transazione.
E per le aziende? Il primo
network italiano che mette in contatto le imprese è la BexB, società bresciana
che ha all’attivo decine di migliaia di operazioni, circa 25 al giorno. Il
circuito si compone di oltre 2.500 piccole imprese che copre circa 160 settori
merceologici. BexB ha una quota associativa che varia in base alla classe di
fatturato dell’azienda, da 500 a 4mila euro; le provvigioni trattenute vanno
dal 2% al 50%.
Le transazioni fatte in rete
non riguardano soltanto lo scambio di merci ma anche il tempo che si può
dedicare in forma di controvalore, in base alle proprie competenze. Si pagano
ad esempio le lezioni di latino offrendo in cambio collaborazione domestica. Ma
il web non è l’unico mezzo a trascinare il fenomeno del baratto. Nel novembre
dell’anno scorso è stata istituzionalizzata in Italia la ”prima settimana del
baratto” dei bed&breakfast. Hanno aderito 300 strutture che hanno scambiato
pernottamenti con latinteggiatura di una stanza, di un servizio fotografico o
di una cena preparata dai clienti stessi. Insomma, si fa quel che si può.
Il motivo è semplice:
C-R-I-S-I. Basta leggere i dati di una recente ricerca elaborata da Intesa San
Paolo e dal Centro Luigi Einaudi. Il 12,5%, ovvero un intervistato su otto,
dichiara che il proprio reddito è del tutto insufficiente al mantenimento del
tenore di vita. Ergo, si naviga e si cerca l’occasione. O, semplicemente, ciò
che ci serve senza dover sganciare un euro, ma cedendo qualcosa di nostro. Che
non si usa più o di cui vogliamo liberarci. E’ triste? No, è furbo.
E, soprattutto, a sorpresa,
sta anche diventando un trend. Sì. Scambiare è cool. L’hanno decretato le
fashion victims che non si perdono uno ‘swap party’, eventi dove si scambiano
vestiti, scarpe e borse griffate. Basta poco. E anche la necessità diventa
moda.
di Rosalba Carbutti
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