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denuncia a Verona Stavolta è l’istituto religioso Gresner (di Paolo Tessadri)
Per troppi anni ha taciuto, mentre la rabbia gli esplodeva dentro.
Per troppi anni ha taciuto, mentre la rabbia gli esplodeva dentro.
Ora
ha trovato il coraggio di parlare, anche con l’aiuto della madre: “Per quasi
una decina di anni ho subito le violenze di tre sacerdoti, ma soprattutto di un
giovane prete. Hanno cominciato che avevo tre anni e gli abusi sono proseguiti
fino a 12 anni, quando lasciai l’istituto”. Giuseppe Consiglio ha 22 anni e i fatti
risalirebbero a dieci anni fa, all’istituto religioso Fortunata Gresner di
Verona. Proprio di fronte all’istituto Provolo, teatro di orchi seriali, dove
sessanta ex allievi sordi hanno denunciato le violenze di una ventina di preti,
avvenute per trent’anni, fino al 1984. Al Gresner, invece, gli abusi sessuali
sarebbero proseguiti fino al Duemila. Non ci sarebbe, dunque, prescrizione per
reati così recenti.
Giuseppe,
sordo, si fidava: mai avrebbe immaginato di diventare vittima dentro le mura di
uno dei simboli della carità della Chiesa. In un istituto specializzato per
rendere migliore la vita a bambini sordi, gestito dalle suore della Compagnia
di Maria per l’educazione delle sordomute, sull’esempio dell’Istituto Pro-volo.
Poi, negli anni, diventato istituto misto e ora centro di formazione
professionale. Ma come al Provolo il dramma dei bambini sordi, e ancora più
indifesi di un qualsiasi bambino, si è consumato sotto l’altare. In
quell’istituto ci andava per le funzioni religiose anche quel giovane sacerdote,
che allora aveva circa 25 anni, e lì sono cominciate le violenze, all’insaputa
delle suore, sospetta Giuseppe.
GIUSEPPE
sa che da domani potrebbe essere additato in pubblico come il ragazzo abusato,
ma prende coraggio e trova la forza di raccontare. “Quando avevo tre anni la
mia famiglia si spostò dalla Calabria a Verona. Io sono nato sordo e giù non
c’erano istituti specializzati”. Ha, infatti, riconoscenza verso l’istituto,
“perché a scuola ho cominciato a parlare”. Ma è proprio nel luogo più sacro,
tra le mura della Chiesa del Pianto, davanti al crocifisso, che sono cominciate
le violenze. “Mi toccavano nelle parti più intime, piangevo anche tre volte la
settimana, ma loro non si fermavano. Lo facevano anche quando andavo a
confessarmi, in una stanza, quando eravamo faccia a faccia”. Niente e nessuno
fermava soprattutto un giovane sacerdote, non c’era pietà per quel bimbo che
aveva l’età per andare alla scuola materna.
Non
ricorda più il nome di quel prete, lo ha rimosso a forza dalla mente. Ma le
cicatrici di quei torbidi momenti sono rimaste su quel dramma vissuto a lungo e
taciuto per troppo tempo: “C’erano tre preti, due giovani e uno più anziano”.
Giuseppe avrebbe avuto le attenzioni e gli abusi da tutti e tre, ma uno era il
più cattivo, quello “giovane, attorno ai 25 anni, che aveva la pelle chiara,
magro, alto di statura. Con lui andavamo solo per la messa e la confessione.
Lui non dormiva all’istituto Gresner, ma al Provolo”. Giuseppe ne parla con
sollievo, per non aver dovuto subire il tormento anche di notte. Ricorda anche
l’aspetto dell’anziano prete, “con gli occhiali e quasi calvo. Io sono rimasto
per un certo periodo completamente solo a Verona, perché mia madre andò in
Calabria a prendere i miei fratelli. In quel periodo non parlavo e non riuscivo
a capire e il prete ci ha obbligati a non parlare. Ci faceva paura, avevo paura
che mi succedesse qualcosa di brutto”. Le violenze non sarebbero state solo
sessuali. “Una psicologa mi diceva che mia mamma mi aveva abbandonato, ma non
era vero, era andata in Calabria per i miei fratelli”.
Giuseppe
apre uno squarcio ancora più inquietante, pensa di essere stato “una delle
prime vittime” di quel giovane sacerdote, in un crescendo di violenza: “Prima
mi toccava solo, poi pretendeva sempre di più. Voleva anche che lo baciassi ,
mi faceva schifo. Ero nervoso, mi allontanavo, ma lui mi teneva fermo, poi mi
diceva di non parlare”. Un racconto dell’orrore con altre vittime. “Io sono
stato il primo, poi è toccato ad altri, almeno quattro, subire le violenze di
quell’uomo. Però continuava ad abusare anche di me, finché sono andato via, a
12 anni”. È più di un sospetto che altri ragazzi sarebbero stati abusati,
Giuseppe ne è certo: “A Ferrara del Monte Baldo, nella colonia montana del
Gresner, facevamo tra noi ragazzi quello che ci facevano quei tre preti. È
allora che abbiamo scoperto il significato della parola omosessuale”. Con
qualcuno Giuseppe è ancora in contatto e uno dei ragazzi abusati ha ora gravi
problemi di socializzazione: non esce più di casa, non parla con nessuno, evita
ogni contatto con le persone.
Ha
cercato inutilmente di dimenticare e non ha più voluto fare il chierichetto per
non rivangare il passato. Ha pure cancellato la Chiesa dal suo presente. “Non
ho parlato con nessuno, mi dicevo che era troppo tardi, anche se con qualcuno
volevo confidarmi. Ma mi prendeva lo stomaco, stavo male e se parlo, mi dicevo,
che cosa mi succederà? Ero terrorizzato”.
HA
RIVELATO il suo insopportabile segreto solo poco tempo fa, quando “ne ho
parlato con mamma, perché pensava fossi gay. Si è messa a piangere. Adesso,
davanti a voi, mi sento come spogliato” rivela a Giorgio Dalla Bernardina e a
Marco Lodi Rizzini, responsabili dell’Associazione Provolo, che in questi anni
si è battuta contro la pedofilia e che per oggi ha organizzato una marcia
contro gli abusi sessuali avvenuti per trent’anni all'istituto Provolo, fino al
1984.
Un evento
di risonanza internazionale a cui parteciperanno persone provenienti da
Inghilterra, Olanda e Stati Uniti, con l’adesione di importanti organizzazioni
internazionali contro la pedofilia. I manifestanti sfileranno fino in piazza
Brà, sotto la sede del Comune del sindaco Tosi. Ed è proprio la firma del
sindaco leghista che manca al patrocinio della manifestazione, che invece hanno
dato Regione e Provincia.
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