Con
qualche anno di ritardo, anche l'European Securities and Markets Authority
(Esma), avvia un'indagine per verificare i criteri di valutazione sul rating
delle banche da parte delle tre principali agenzie di rating internazionali:
Standard & Poor's, Fitch e Moody's.
Non
bastarono le denunce di Adubef e Federconsumatori in merito al comportamento
“non professionale” delle società di rating in occasione del fallimento della
Lehman Brothers (tripla AAA ancora il giorno prima del crack). Non bastarono le
accuse delle due associazioni circa le degenerazioni derivanti dal fatto che
gli assetti proprietari delle società di rating erano ormai dominati da
potentati finanziari operanti anche nel settore degli investimenti, con
manifesta pericolosa commistione tra pagelle assegnate e consigli per gli
acquisti alla clientela. Non bastarono le nostre denunce circa il fatto
che all’inizio del decennio passato le entità (stati sovrani e società) che
potevano vantare la tripla AAA erano rarissime, mentre oggi (tra le perplessità
degli addetti ai lavori) sono centinaia, tanto da convincere la Cina a
costituire una propria società di rating, la Dagong. Non bastò l’aver diffidato
le società Moody's e Standard & Poor's dall’emettere valutazioni nei
confronti dell’Italia, in quanto era emerso che queste non avevano alcuna
licenza per svolgere questo delicatissimo ruolo, non avendo superato l'esame di
iscrizione richiesto dall'Esma.
E’
stato necessario l’intervento della magistratura, nello specifico del PM
Michele Ruggiero (su nostra precisa e circostanziata denuncia alla Procura
della Repubblica di Trani, e non per opera dello Spirito Santo, come spesso
alcuni media dimenticano di citare) e le valutazioni della Corte dei Conti di
danno per il nostro Paese, quantificato in 120 miliardi, per dare la sveglia
all’ESMA.
Ma per
Adusbef e Federconsumatori non è assolutamente il caso di esclamare “Meglio
tardi che mai!”, perché il mancato intervento delle autorità di controllo
comunitario circa il comportamento delle società di rating ha creato e continua
a creare troppi danni per i risparmiatori, oltre che per i cittadini di stati
sovrani, visto che il “rating” è ormai richiamato in molte normative
anche comunitarie (si pensi alla Mifid, ai prospetti dei fondi di investimento)
perché il legislatore lo riteneva costruito con ragionevole oggettività. Ne
deriva che un rating non affidabile e prodotto con meccanismi di semplice
insindacabile “valutazione” di comitati societari ristretti, dà luogo a
ripercussioni fortemente negative nel settore finanziario e, in particolare, a
danno dei risparmiatori.
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