domenica 22 luglio 2012

PERCHÉ I PREZZI DEL CIBO AUMENTANO?


Negli Stati Uniti, uno dei più grandi Paesi produttori di frumento, soia e mais, il Department of Agriculture ha recentemente registrato una riduzione della produzione del 12% dovuta alle “scarse precipitazioni piovose associate a innalzamenti record delle temperature”. La crisi della produzione statunitense è rimbalzata su tutti i media, specie su quelli che si occupano di economia.

Ad esempio, sul Sole 24ore del 17 luglio scorso trovate questo: “I prezzi dei future sul mais con consegna a dicembre sono cresciuti del 4,5% raggiungendo ieri i 7,73 dollari per bushel al Chicago Board of Trade, il 50% in più di metà giugno. A 7,99 dollari i prezzi spot, livello vicino ai record dello scorso settembre. Le condizioni climatiche potrebbero ulteriormente danneggiare le colture di mais e soia che già lottano con le peggiori condizioni degli ultimi 24 anni, la più lunga siccità che abbia mai colpito gli Stati Uniti e in particolare il Midwest”.

Oltre a segnalare che soia e mais negli USA sono quasi del tutto OGM (non ci avevano promesso più raccolti?) riferiamo che anche i futures del grano sono balzati del 39%, complessivamente, dalla fine di settembre scorso al 13 luglio di quest'anno.

Questi dati hanno ripercussioni su scala globale, nei Paesi più ricchi ma anche e soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo, dove il cibo rappresenta larga parte della spesa quotidiana pro capite e gli effetti potrebbero essere devastanti. Nel 2008, e più recentemente lo scorso anno, i prezzi record delle derrate alimentari sui mercati internazionali hanno innescato drammatiche crisi di impoverimento delle popolazioni, generando rivolte e riproducendo instabilità politica.

Per quale motivo nel 2012 continuiamo a sperimentare una forte volatilità dei prezzi del cibo che di fatto a tante persone preclude un diritto fondamentale come quello dell’alimentazione? Si possono individuare cinque cause principali:

1. I cambiamenti climatici rappresentano l’ultima e più consistente minaccia alla sicurezza alimentare. Vi è un crescente consenso scientifico nel sostenere che l’intensità e la frequenza di eventi metereologici estremi, come l’eccezionale siccità che sta colpendo da settimane il mid-west degli Stati Uniti, aumenteranno per via dei mutamenti del clima. Il 10 luglio scorso la National Oceanic and Atmospheric Administration giungeva alla conclusione che la probabilità di un evento come la siccità record registrata lo scorso anno in Texas è stata amplificata 20 volte dai cambiamenti climatici, stabilendo un nesso preciso tra ondate di siccità estreme e trend climatici.

2. Le iniquità nella distribuzione dei profitti e nell’accesso alle risorse, tanto tra Paesi diversi quanto all’interno degli stessi, è il principale driver socio-economico all’origine della condizione di fame di larghe fasce della popolazione mondiale. Un accesso iniquo alle risorse significa che in Paesi dove si soffre la fame ci sono enormi aree di territorio destinate alla produzione per i consumi dei più ricchi invece che per la produzione di cibo destinato al consumo locale.

3. L’agricoltura industriale si è affermata a discapito della fertilità dei suoli, determinando inquinamento ed esaurimento delle acque dolci e perdita di biodiversità. Il meccanismo ha portato all’indebitamento milioni di contadini e ridotto le capacità delle comunità rurali di esercitare un controllo sulla terra e sulle sementi. Il quadro drammatico attuale conferma poi che le colture geneticamente modificate non sono nate per sfamare i poveri o per contenere i prezzi degli alimenti, non accrescono la produzione in maniera sostenibile e (come noto già da anni) in condizioni di temperature e umidità fortemente fluttuanti sono inaffidabili.

4. La perdita e lo spreco di cibo dalla raccolta alla tavola è questione cruciale. Nel mondo si produce cibo a sufficienza per sfamare agevolmente l’intera popolazione globale e ulteriori miglioramenti nella produzione potrebbero permettere di nutrire le generazioni future. Tuttavia, si stima che circa il 30% del cibo prodotto viene sciupato o sprecato. Una percentuale assolutamente inaccettabile.

5. La speculazione finanziaria sui futures delle derrate alimentari ha fortemente incrementato la volatilità dei prezzi. Se diffusa su tutti i mercati, un’inflazione di questa portata potrebbe avere effetti disastrosi sui molti milioni di famiglie che spendono la maggior parte dei loro averi per mangiare.

Per prevenire future crisi alimentari dobbiamo, quindi, ridurre le emissioni di gas serra per rallentare e contrastare i cambiamenti climatici, aumentare gli investimenti in pratiche agricole maggiormente resistenti ed ecologiche sfidando iniquità nei profitti e nell’accesso alle risorse, limitare i fenomeni speculativi più gravi sui prodotti agricoli e sul cibo, e ovviamente ridurre drasticamente lo spreco di alimenti. 

Il clima sarà sempre al di fuori del nostro controllo. Adottare, invece, provvedimenti per arrestare il caos climatico, sviluppare sistemi di coltura più sostenibili, migliorare le condizioni economiche dei produttori e dei consumatori più poveri, nonché proteggere quanti sono più esposti alle brame predatorie della grande finanza: ecco, tutto questo si, lo possiamo fare, è alla nostra portata. 
di Andrea Boraschi, responsabile campagna Energia e Clima 

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