Tagli,
tagli e ancora tagli allo “stato sociale”: dal 2008 al 2011 i fondi per le
politiche sociali sono stati ridotti del 90% e il fondo per la
non-autosufficienza azzerato.
Questa
la ricetta che, dal 2008 a oggi, i governi che si sono succeduti alla guida del
nostro Paese hanno messo in atto nel tentativo di uscire dalla crisi: prima il
governo Berlusconi e il ministro Tremonti, ora il governo Monti con una
spending rewiew dissennata.
Malgrado
l'intervento di Regione Lombardia, che ha reintegrato le risorse per le
politiche sociali al livello del 2011, nelle casse dei Comuni lombardi mancano
sempre 100 milioni di euro. Un buco causato dai tagli ai trasferimenti agli
Enti locali degli ultimi anni.
Ma
siamo sicuri che il problema del welfare nostrano sia solo una questione di
carenza di finanziamenti? O c'è dell'altro? La verità, purtroppo, è che la
cultura delle politiche sociali che si basa ancora su una cultura
assistenzialista e caritatevole. Lo stesso ritornello delle politiche per la
famiglia è un concentrato di ipocrisia e di non conoscenza dei problemi.
La
verità è che con queste politiche si cerca solo di scaricare su questo nuovo
soggetto "assoluto" tutta la responsabilità e l'onere
dell'assistenza. Non più persone con disabilità bensì famiglie con disabilità.
Un sistema che si basi sui diritti umani e sulla dignità delle persone è ancora
molto lontano.
Se
poi ci addentriamo nei meandri del welfare lombardo emergono altre criticità.
In primis un'insopportabile, ingiusta e anti-economica frammentazione del
sistema. Dobbiamo poi fare i conti con una cultura "sociale" che,
quando affronta il tema della disabilità, si basa su una diversificazione tra
patologie, una rincorsa alla gravità oltre i limiti e un concetto di inclusione
al contrario che innesca una logica perversa: per avere diritto all'assistenza,
una persona con grave disabilità non deve superare un determinato reddito.
In
uno scenario simile, un cittadino con disabilità grave che riesce, ad esempio,
a trovare un lavoro e rendersi autonomo economicamente, rischia di perdere il
diritto ad alcuni servizi essenziali. Ad esempio i servizi di assistenza
domiciliare che, di fatto, permettono di gestire il proprio lavoro.
Patto
per il welfare, voucherizzazione del sistema sociale, la famiglia "al
centro". Nei vari piani di riforma presentati non c'è nemmeno una parola
sulla presa in carico globale, sul superamento di ciò che non ha funzionato
nella separazione netta tra ambito sanitario e ambito sociale. Nemmeno una riga
sul diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità.
Quando
poi si cerca un confronto sulla definizione di Livelli essenziali socio
assistenziali la risposta è scontata: "Se non arrivano finanziamenti dal
Governo non si parla di livelli essenziali". Peccato che uno strumento di
valutazione delle priorità e di definizione dei diritti inalienabili come i
Liveas sono ancora più necessari in una situazione di ristrettezza economica
come quella che stiamo attraversando. A tutto questo si aggiunge l'aumento del
divario percentuale delle spese per posti istituzionalizzanti (ad esempio le
Rsd) rispetto agli investimenti su mini comunità, progetti di abitazione
solidale, progetti di vita indipendente e così via.
D'altronde
viviamo in un Paese dove l'ex ministro del'Economia, Giulio Tremonti,ha potuto
dichiarare che la mancata competitività dell'Italia è dovuta ai troppi
invalidi. E ha scatenato, attraverso l'Inps, una vera e propria caccia alle
streghe nel tentativo di stanare i "falsi invalidi".
Lo
stesso Paese dove il ministro del Welfare, Elsa Fornero, può affermare che in
Italia il sistema non può continuare a finanziare un crescente numero di
persone non autosufficienti. Probabilmente non si è accorta che da due anni il
fondo per la non-autosufficienza non viene più finanziato, e per questo ha
invocato l'intervento dei privati e in particolare del mondo assicurativo.
Nel
Paese dove un direttore di un telegiornale nazionale può indicare un suo
collega con disabilità come malato... in un Paese così forse è
"normale" che le cose procedano così.
Fulvio Santagostini
Presidente LEDHA
Presidente LEDHA
Fonte: http://www.ledha.it
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